Nella Repubblica del bicameralismo perfetto capita, a volte, che la mano destra non sappia, o finga di non sapere, cosa fa la sinistra. E se alla Camera, alla fine, sono riusciti a darci un taglio al Senato, invece, il privilegio è ancora duro a morire. Così, mentre dal 2 dicembre 2015 gli ex onorevoli dovranno pagare di tasca propria voli e treni, per gli ex senatori, una volta cessati dal mandato, la cuccagna continua. Lasciato lo scranno di Palazzo Madama, infatti, avranno diritto per dieci anni ad un plafond di 2.200 euro l’anno per viaggi aerei e ferroviari. A scoprirlo suo malgrado è stato il senatore uscente Giuseppe Vacciano. Diventato celebre nell’ultima legislatura per i sei tentativi (cinque respinti, l’ultimo neppure discusso) di dimettersi dalla carica. Eletto nel 2013 nelle liste del Movimento 5 Stelle e poi transitato nel gruppo misto, Vacciano sta per tornare un privato cittadino (formalmente il mandato scadrà il 23 marzo) e al suo lavoro in Bankitalia. Ma il Senato, al quale avrebbe volutodire addio già tre anni fa, continua ad inseguirlo.
Privilegio forverer – Con una lettera, datata il 5 marzo scorso, il Servizio per le competenze dei parlamentari del Senato – spedita a tutti i senatori che stanno per cessare dal mandato – gli ha chiesto la restituzione della tessera parlamentare magnetica e di quella in pelle, avvisandolo che dal 23 marzo, “sia la tessera Aiscat che l’apparato Telepass”, forniti a tutti i parlamentari in carica, “saranno disabilitati”. E fin qui nulla di strano. Se non fosse, però, che nella stessa lettera, l’Ufficio per i servizi di Palazzo Madama, gli ha ricordato anche che, per effetto di una delibera del Consiglio di presidenza del 2009, “i senatori cessati dal mandato da non più di dieci anni hanno diritto al rimborso dei viaggi aerei e ferroviari effettuati sul territorio nazionale entro il limite complessivo annuo di euro 2.200”. Pertanto, per i nove mesi che mancano alla fine del 2018, “il plafond da lei utilizzabile ammonta ad euro 1.833,30”. Lettera che Vacciano ha postato su Facebook accompagnata da un laconico commento: “Una cosa che non sapevo (e che potrebbe essere tranquillamente eliminata…)”.
Taglio a metà – E contattato dalla Notizia, il quasi ex senatore che dopo il secondo No dell’Aula di Palazzo Madama alla sua richiesta di dimissioni si definì ironicamente “prigioniero politico”, non nasconde il suo stupore. “Ovviamente non intendo avvalermi di questo assurdo privilegio – assicura -. Peraltro trovo ridicolo che questi rimborsi sopravvivano solo al Senato dopo che alla Camera sono stati aboliti”. Un taglio, quello deciso a dicembre 2015 dall’Ufficio di presidenza di Montecitorio, che ha consentito ai contribuenti di risparmiare qualcosa come 900mila euro l’anno (al Senato il costo a carico dell’amministrazione è notevolmente inferiore). E che faceva seguito agli ordini del giorno presentati da Sinistra ecologia e libertà (primo firmatario Gianni Melilla) e dal Movimento 5 Stelle (primo firmatario Luigi Di Maio). Insomma, una strada diametralmente opposta a quella imboccata da Palazzo Madama. Nonostante, nel corso della legislatura che sta per concludersi, la senatrice-questore del M5S, Laura Bottici, abbia provato più volte a cancellare il privilegio che garantisce a ciascun ex parlamentare transitato nell’Aula del Senato rimborsi per viaggi aerei e ferroviari per 22mila euro in un decennio. Una partita, però, ancora aperta. Proprio oggi, infatti, si riunirà, presumibilmente per l’ultima volta in questa legislatura, il Consiglio di presidenza di Palazzo Madama. E la Bottici è determinata a risollevare la questione chiedendo di adottare la stessa misura disposta dalla Camera. Sarà la volta buona?