di Vittorio Pezzuto
Da ormai troppe settimane Enrico Letta espone il suo governo immobile alle facili critiche di Matteo Renzi e dell’opposizione. Invece di mettere finalmente mano all’annunciato patto per il 2014 ha preferito sposare il partito delle preferenze, invadendo così il campo di gioco del Parlamento. Si è trattata di un fallo di reazione al suo segretario di partito? «Non esageriamo. Il suo mi è parso soltanto un parere, peraltro espresso tutto sommato in maniera discreta» prova a minimizzare il deputato Pd Ivan Scalfarotto. «D’altronde lui è il primo a non avere alcun interesse a boicottare un accordo che contiene l’assicurazione sulla vita del suo governo, dal momento che comprende il varo di riforme costituzionali che necessitano di almeno un anno di lavoro. Mi sembra più utile sottolineare l’aspetto centrale di questa vicenda: dopo tanti anni si è messa in moto in maniera credibile la macchina delle riforme indispensabili. E questo non può che far bene al Pd, al governo ma soprattutto a tutta quanta l’Italia».
Il premier continua invece a non dire nulla sul caso De Girolamo e in generale su un radicale cambiamento della sua squadra.
«È un tema che prima o poi dovrà porsi, anche perché attiene esclusivamente alle sue prerogative e responsabilità politico-istituzionali. Gli incidenti in cui sono incappati molti suoi ministri non hanno certo fatto bene al governo. Soprattutto è singolare che da maggio a febbraio ben tre di loro (Alfano, Cancellieri e De Girolamo) si siano dovuti giustificare davanti al Parlamento. E non dimentico le dimissioni di Josefa Idem, alla quale va riconosciuta almeno una teutonica coerenza».
Letta ha però anche rilanciato l’idea di una legge sul conflitto d’interesse. È sembrata a tutti la classica provocazione antiberlusconiana.
«Credo anch’io che sia stata piuttosto singolare la decisione di rievocare proprio adesso un tema di cui per decenni si è tanto parlato senza mai concludere nulla. Sono sortite che servono soltanto a confondere le acque, esattamente come quella a favore delle preferenze. Ricordo infatti come il Pd sia sempre stato contrario a quest’ultime (prediligendo semmai i collegi uninominali), e per motivi sostanziali: aumentano i costi della politica, favoriscono i capibastone, non sono amiche dei giovani e delle donne e spesso vengono usate per voto di scambio. In questa fase sarebbe insomma consigliabile tralasciare queste questioni marginali per concentrarci sull’approvazione in aula, fra qualche giorno, del primo tassello di questo accordo».
Non c’è il rischio di assistere in Parlamento allo stravolgimento del testo concordato?
«Questo patto tiene insieme tutta la maggioranza e una parte fondamentale dell’opposizione. È legittimo che i suoi contraenti decidano all’unanimità di modificarne singoli aspetti. Quello che non possiamo tollerare è invece che alcuni puntino a sabotarlo, facendoci così restare intrappolati in un pantano proporzionalistico da prima Repubblica».
Ma Renzi riuscirà a governare gruppi parlamentari di nomina bersaniana?
«Il bello di tutta questa vicenda è che si è svolta alla luce del sole. Nulla è stato deciso nelle segrete stanze. Il Pd avrebbe dovuto celebrare un enorme successo politico che lo ha riportato al centro della scena politica e invece una sua parte preferisce concentrarsi su dettagli… Chi dovesse far saltare questo accordo in Parlamento lo farebbe sottoponendosi pertanto al severo giudizio dell’opinione pubblica. Anche perché questa volta, al contrario di quanto accadde con i cento anonimi affossatori della candidatura di Romano Prodi al Colle, sappiamo già chi si sta battendo per ottenere modifiche: li riconosceremmo dalle impronte digitali».
Dopo aver attaccato per mesi il Capo dello Stato, Grillo ora fa la vittima e gli chiede di tutelare il suo Movimento dall’approvazione dell’Italicum.
«Grillo copre con grida, insulti e slogan il vuoto pneumatico delle sue proposte. Il suo Movimento è in ritardo rispetto a tutti gli altri partiti e non ha alcuna idea precisa: basti pensare che solo l’altro giorno ha scelto tra proporzionale e maggioritario. La verità è che questa partita la stanno giocando tutti tranne lui. I suoi elettori non hanno alcuna rappresentanza e posso ben capire la loro frustrazione: restare congelati nel freezer non fa piacere a nessuno».