Obiettivo numero uno: “Lavorare ad una direttiva che sancisca il salario minimo in Europa, dove è già realtà in 22 paesi su 28”. Ha le idee chiare Daniela Rondinelli, candidata come capolista del M5S per l’Italia Centrale. Un passato alla presidenza del Comitato economico e sociale europeo, oggi ha deciso di intraprendere la strada politica con una visione molto nitida di quello che dovrebbe essere l’Europa e dei temi che dovrebbe avere a cuore. A partire, appunto, dal salario minimo.
Non crede possa essere un tema molto divisivo in Europa?
Quello del salario minimo europeo non dovrebbe essere un tema divisivo, almeno noi del M5S stiamo lavorando anche in Italia per questo. È molto semplice spiegare il perché: esiste il mercato unico, la libera circolazione di beni e servizi e delle persone ma non esiste una tutela unica del lavoro. Adesso si tratta di estendere i diritti a tutti i lavoratori dell’Ue.
Crede sarà la soluzione per evitare il gravoso problema del dumping salariale e delle delocalizzazioni?
Certo, oggi gli Stati membri si fanno dumping sociale, salariale e fiscale attraverso il costo del lavoro. Questo significa fare concorrenza sleale, impoverire il nostro tessuto produttivo e la nostra economia. Tutte le lavoratrici e i lavoratori italiani ed europei devono poter guadagnare un salario dignitoso per sé e le proprie famiglie.
Una visione differente rispetto all’Europa dell’austerity cui siamo abituati…
L’Europa la vogliamo cambiare e anche profondamente. Fino ad oggi ha avuto il volto dell’austerity. Adesso non vogliamo più un’Europa che toglie, ma un’Europa che ritorna a dare diritti e opportunità. Da 9 anni sono impegnata a Bruxelles nel Comitato economico e sociale europeo. Con la mia professione ho toccato con mano che il sogno si è trasformato in un contesto difficile. Ho visto da vicino il dramma di persone che hanno perso il loro posto di lavoro; imprenditori costretti a chiudere la loro azienda; famiglie in difficoltà che non arrivano alla fine del mese.
Ammettiamo che la misura passi. Non c’è il rischio che poi si delocalizzi fuori dall’Europa, in Cina per esempio?
Intanto dobbiamo partire dall’Europa, dare l’esempio. Poi la delocalizzazione selvaggia la si combatte non offrendo più incentivi pubblici alle imprese che chiudono in Italia per aprire in Cina o nei paesi emergenti. Non un solo euro pubblico può andare a queste tipo di attività. Altra cosa invece è l’internazionalizzazione, ovvero permettere alle nostre imprese di crescere ed essere competitive nei mercati esteri, anche perché l’export rappresenta il vero motore del pil italiano. Per essere ancora più chiara: se un’azienda chiude i suoi stabilimenti in Italia per andare in Cina per me quella non è un’impresa italiana ma cinese, né più e né meno e dallo Stato non deve ricevere alcun sostegno, di nessun tipo.
Per realizzare questo e gli altri punti del programma serviranno alleanze. Con chi dialogherà il Movimento?
Abbiamo bisogno di costituire un gruppo parlamentare che sia espressione delle forze nuove e innovative che entreranno in Parlamento. Se il Ppe e il Pse non arriveranno al 51% per fare un accordo di governo – come probabilmente succederà – potremmo diventare l’ago della bilancia, e questa volta il cambiamento in Ue lo portiamo davvero.
In che modo?
Noi vogliamo creare un gruppo parlamentare autonomo e solido, che promuova la partecipazione diretta dei cittadini alle decisioni che si prendono a Bruxelles.
È difficile pensare che i movimenti sovranisti cedano il passo su temi che richiedono uno sguardo comunitario.
Sono certa che i sovranisti entreranno in conflitto tra loro, perché non sanno costruire coesione in Italia e in Europa. Si rischia di arrivare alla distruzione del progetto europeo e se questo avviene chi pagherà il conto saranno le persone comuni, ci sarà solo impoverimento, discordia e conflitti.
E con la Lega? Alleati in casa e nemici in Ue?
Riguardo alla Lega mi ha sorpreso vedere Salvini insieme ad Orban perché è stato il presidente ungherese, spalleggiato dalla destra tedesca, a sparare contro l’Italia quando abbiamo chiesto maggiore solidarietà sull’immigrazione o sui vincoli di bilancio.
Due idee completamente differenti d’Europa.
La verità è che chi vuole difendere davvero gli interessi degli italiani non cerca questo tipo di alleanze, semmai li combatte anche a muso duro.