Quando c’è una deliberata volontà di ingannare il prossimo e di seminare il suo percorso conoscitivo di inciampi e sprofondi siamo di fronte alla classica bugia. Ma l’uomo è anche naturalmente preda di un regime delle apparenze che lo allontana spesso dall’apprensione della verità: questo è l’errore, nel senso del cammino erratico senza un porto, senza un traguardo saldo, garantito invece da ancoraggi metafisici di cui, nei credi religiosi e teo-politici, si fanno portavoce i “pochi”, gli eletti, quelli pronti ad immolarsi per riportare in terra la luce della rettitudine e dell’obbedienza all’Eterno.
Ma poi c’è un terzo livello, un patto semi-inconscio che unisce il mendace e l’ingannato, in una spasmodica ricerca di “idoli suggestivi” che convergono in “illusioni edificanti”. Ecco avanzare “l’onda dell’oscurantismo cinico” che fa a meno di ogni utopia, usa ogni frusta per imporre modelli che si elidono a vicenda e la spregiudicatezza amorale meno incline al dubbio solo per affermare se stesso in una lotta continua al sistema fintamente impavida, ma in fin dei conti auto-protettiva e auto-remunerativa.
Dobbiamo a Peter Sloterdijk, una delle personalità filosofiche contemporanee più eminenti a livello mondiale, e a questo suo nuovo gustosissimo pamphlet Falsa coscienza. Forme del cinismo moderno (Mimesis, pagg. 58, euro 5), l’icastica trigonometria che ci fa scremare il tema generalista e sdoganato del fake trovando sedimentazioni storiche e teoretiche interessantissime, già anticipate sin dagli anni ‘80. Se è vero, insomma, che il popolo vuole essere ingannato, lo farà oggi predisponendosi a qualsiasi pseudo-certezza che gli arrivi dall’alto di governanti senza morale.
E anche dal basso di una forza sfrontata, ugualmente priva di idealismi e sensi di colpa, che sa di sopravvivenza in un’epoca che Sloterdijk vede segnata dalla retorica terroristica, dall’ondata delle fosforescenze internettistiche dove “essere e presenza mediatica” sono tutt’uno e “il valore di verità di un contenuto postato on line è inversamente proporzionale al numero dei suoi recettori”, e da un populismo dilagante che assolve tutti dal parlare e dal rivendicare senza regole precise. Per cieca rabbia. Deposti i saperi figli del periodo fra le due Guerre dove il “nemico” c’era ed era oggettivo, il Cinismo scende in campo e si auto-pone con la follia del rivoluzionario, la trascendenza parodistica del surrealista e la volontà di potenza dell’impostore senza scrupoli e senza missioni. Vi viene per caso da pensare a qualche ducetto mangia-nutella o a qualche tele-santa del gregge realitystico?