Il vaso di Pandora si è aperto. Fra le conseguenze della pandemia che sta devastando l’Europa vi è anche quella di aver fatto emergere con ancor più chiarezza le contraddizioni di un’Unione che, al di là di una mera espressione geografica e di concetti astratti, di omogeneo e “unito” ha mostrato di avere ben poco. Le estenuanti trattative sulle misure economiche da mettere in campo per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica che l’Italia ha dovuto in queste ultime settimane affrontare – soprattutto per arginare l’ostracismo dei Paesi rigoristi del Nord – ne è la plastica dimostrazione e come ha sottolineato in una nota la capodelegazione al Parlamento europeo, del Movimento 5 Stelle Tiziana Beghin (nella foto), “la risposta all’emergenza Coronavirus dovrebbe prevedere anche il superamento delle pratiche fiscali dannose fra Paesi membri”.
NEL MIRINO Il riferimento e chiaramente al dumping commerciale e alla presenza dei cosiddetti paradisi fiscali che, oltre a provocare all’Italia una perdita stimata dai cinque agli otto miliardi di dollari all’anno, falsa completamente l’andamento degli investimenti esteri: basti pensare che nei Paesi Bassi questi rappresentano il 535% del Pil mentre nel microscopico Lussemburgo arrivano addirittura al 5.760%. Paesi che poi hanno il coraggio di fare la morale all’Italia sul debito pubblico e sulla politica economica, premendo per il massimo rigore e rigettando l’idea di finanziare il Piano Recovery Fund anche con l’emissione di bond a fondo perduto, così come richiesto espressamente nei vari vertici Ue che si sono succeduti sia dal premier italiano Conte che da quelli francese e spagnolo Macron e Sanchez.
Peraltro l’Olanda, come già sottolineato dal vice presidente dell’Europarlamento, il pentasellato Fabio Massimo Castaldo “resta campione di dumping fiscale, con un atteggiamento che danneggia l’economia del resto d’Europa, in particolar modo quella italiana. La Germania, invece, infrange da tempo in maniera sistematica le regole europee, mantenendo un surplus commerciale ben più alto di quello consentito”. Va da sé che in un momento storico in cui rischiamo di perdere milioni di posti di lavoro i paradisi fiscali e i Paesi che si avvalgono di una tassazione estremamente leggera a scapito di altri – sottraendo loro cifre considerevoli in termini di entrate -, risultano incompatibili con la solidarietà che è più che mai oggi necessaria in Europa.
Come rileva Beghin “il Consiglio europeo deve scegliere la strada di una maggiore equità sociale introducendo a livello europeo un modello vincolante di tassazione unitaria delle multinazionali per far pagare le tasse alle multinazionali laddove conducono realmente la loro attività economica”. Stesse considerazioni dalla collega di partito Sabrina Pignedoli: “I paradisi fiscali dentro e fuori l’Ue sono una delle cause delle crescenti diseguaglianze denunciate dal rapporto Oxfam. Gli scandali LuxLeaks, Panama e Paradise Papers hanno svelato questa vera emergenza europea che consente a multinazionali e super ricchi di eludere tasse per centinaia di miliardi di euro ogni anno con la complicità di molti governi. Per il M5S è urgente una riforma che archivi per sempre queste pratiche fiscali dannose. Oltre ad avere conseguenze sociali, inoltre, non va sottovalutato l’impatto sull’economia legale: come denunciato da Giovanni Falcone già nel 1990 dietro i paradisi fiscali si nascondono anche i tesori della criminalità organizzata”.