Dopo la serie impressionante di giornali che hanno spinto per il Sì al referendum, a riequilibrare in parte l’ago della bilancia ci ha pensato l’Economist. Il giudizio del quotidiano britannico è chiaro: gli italiani dovrebbero votare No al referendum costituzionale. La riforma, infatti, non inciderà su una legislazione più efficiente. E al contrario crea un sistema “dell’uomo forte“, in un Paese che è quello di Mussolini e Berlusconi vulnerabile in modo preoccupante al populismo. E, a parte il merito (dove gli svantaggi superano i vantaggi), se in caso di sconfitta Matteo Renzi si dimettesse da presidente del Consiglio non succederebbe nulla.
Peraltro, non è la prima volta che l’Economist interviene con i suoi endorsement nell’imminenza di importanti passaggi elettorali in Italia. La più famosa è rimasta la copertina del 2001, prima delle Politiche vinte dal centrodestra. Il titolo di quel numero fu Why Berlusconi is unfit to lead Italy, perché Berlusconi è inadatto a guidare l’Italia.
E ora l’Economist – il cui primo azionista è la Exor degli Agnelli, che ha il 43% – dà un’altra indicazione di voto agli elettori italiani: quella di votare No al referendum. Il titolo è simile: Why Italy should vote no in its referendum, perché l’Italia dovrebbe votare no al suo referendum. L’editoriale è un ritratto severo non solo dell’azione di governo di Renzi. Con una riforma del genere e in aggiunta la nuova legge elettorale, ad esempio, si aprirebbe secondo l’Economist la strada al Movimento Cinque Stelle che l’Economist definisce discombobulated, cioè scombussolato. In particolare il periodico sottolinea che “lo spettro di Grillo come primo ministro, eletto da una minoranza e ‘cementato’ dalle riforme di Renzi, è una cosa che molti italiani e larga parte d’Europa troverà preoccupante“. A onor del vero e a prescindere dai giudizi, è noto che in caso di vittoria dei Cinquestelle il capo del governo non sarebbe Grillo.
Scrive ancora il giornale inglese che Renzi “ha sprecato quasi due anni ad armeggiare con la Costituzione. Prima l’Italia torna ad occuparsi delle riforme vere meglio è per tutta l’Europa”. E per l’Economist le riforme vere sono “strutturali, da quella dell’indolente magistratura a quella per migliorare il pesante sistema dell’educazione”. La riforma costituzionale proposta da Renzi, prosegue l’editoriale, “non si occupa del principale problema dell’Italia: la riluttanza a riformare”.