“Le querele non si contano più. Nel mirino c’è il pensiero critico”. Parla il coordinatore nazionale di Articolo 21, Beppe Giulietti

“Ma su informazione, conflitto di interesse e riforma della Rai, le opposizioni non riescono a tenere una linea comune”

“Le querele non si contano più. Nel mirino c’è il pensiero critico”. Parla il coordinatore nazionale di Articolo 21, Beppe Giulietti

Secondo Reporter senza frontiere il nostro Paese arretra di 5 posizioni e per libertà di informazione finisce nella fascia dei paesi “problematici”. Beppe Giulietti, coordinatore nazionale di Articolo 21, era prevedibile?
“Sono meravigliato e sorpreso per il fatto che sia retrocesso solo di cinque posizioni. Che altro deve accadere? L’Italia ha il primato europeo delle querele bavaglio di governo contro scrittori, giornalisti, autori, disegnatori. È oltre Orban. Nella lista ci sono dentro Tomaso Montanari, Donatella Di Cesare, Luciano Canfora, Roberto Saviano, Antonio Scurati, Mario Natangelo… Ormai è una querela generalizzata contro il pensiero critico. L’aggressione in corso non è contro i giornalisti ma contro il pensiero critico. E questo sta nello stesso calderone dei manganelli agli studenti, dell’attacco al diritto di sciopero e di quello alla 194. Lo schema è spiantare la Costituzione italiana. L’obiettivo è arrivare a una repubblica presidenziale con i poteri di controllo dimezzati, e questo vale per il Csm, per la Consulta, per il Parlamento e per la libertà di informazione. Viviamo in un contesto di intolleranza e di fastidio alle critiche. Non è l’Italia che si avvicina all’Ungheria ma l’Italia che ha sorpassato l’Ungheria”.

Quali le lacune che fanno più scalpore?
“Centrali sono le querele bavaglio. L’Italia era stata invitata anche dal Media freedom act a intervenire sulla Rai, sul conflitto di interesse e sulle querele bavaglio. È intervenuta sì, ma aggravando la situazione, annunciando norme che reintroducono il carcere per i cronisti. Da noi questa cosa quasi non fa scandalo, in Europa invece è considerata gravissima. Il rapporto fa riferimento anche al caso della possibile vendita dell’agenzia di stampa Agi al gruppo Angelucci. Questo passaggio è stato anche oggetto di segnalazione della Commissione europea e fa riferimento alla mancata risoluzione del problema del conflitto di interessi in Italia. Trovo singolare che un governo con un ministro vigilante leghista stia trattando per vendere l’agenzia di stampa a un parlamentare di maggioranza. Ma devo dire che c’è disinteresse a destra come a sinistra su questo tema, come ai tempi del macroscopico conflitto di interessi di Berlusconi. In passato c’erano state segnalazioni dall’esterno anche sulle procedure di nomina della Rai. Tanto la legge Gasparri quanto la Renzi assegnano al governo il controllo della Rai. Questo porta a una considerazione”.

Quale?
“Che il nostro 46esimo posto tra i paesi per grado di libertà di informazione è provvisorio. Siamo destinati a scendere ulteriormente. E vorrei aggiungere sulle querele bavaglio che queste per il 90 per cento sono archiviate, dunque hanno il solo scopo di intimidire e tenere sotto tiro chi ne è vittima. Sono arrivati persino a violare la tutela delle fonti di un giornalista allo scopo proprio di vietare la pubblicazione delle inchieste”.

La premier Meloni di recente ha sferrato un duro attacco contro la trasmissione Report.
“Prima di Report c’è l’episodio Saviano che è stato sottovalutato due anni fa. La sua trasmissione sulle mafie è stata acquistata, sequestrata e oscurata. La denuncia è stata fatta da Salvatore Borsellino e sostenuta da familiari delle vittime di mafia. Ma se Matteo Salvini dice non voglio più vedere Saviano la trasmissione chiude. Il caso Saviano è clamoroso. Poi ci sono i comizi di Rainews senza contraddittorio, le modifiche della par condicio. Le minacce di Meloni e dei suoi sono quotidiane. Chiunque faccia domande sgradite o manifesti un pensiero critico o contrasti il cambio di narrazione, persino i due poveri cantanti di Sanremo che avevano chiesto la pace, finisce sotto processo. Gli unici che non hanno il coraggio di querelare sono il Papa e Mattarella. Ma prima o poi arriveranno anche a loro”.

La Rai è megafono del governo?
“Io ho contrastato la Rai duramente durante il periodo della lottizzazione. Ma chi dice che oggi è uguale a prima dice una fregnaccia in mala fede. Quello che si sta vedendo in questo periodo non ha precedenti. Il contesto è quello di una premier che ha fatto presidente del Senato un signore che accarezza il busto del duce. Ce l’hanno non con i giornalisti radicali ma con quelli che fanno le domande. Persino Berlusconi non aveva smantellato Rai tre perché era un’operazione folle dal punto di vista industriale”.

Mi sta dicendo che Meloni sta facendo peggio di Berlusconi?
“Non si possono fare graduatorie. Diciamo che ne ha raccolto il testimone. Riguardo all’articolo 21 della Costituzione c’è sicuramente stato un peggioramento. Il dna di FdI, soprattutto il loro, è fondato sull’intolleranza. E la cosa peggiore è che sulla libertà di informazione e sul conflitto di interesse, come sulla riforma Rai, le opposizioni attuali non sono mai state capaci di avere una posizione comune né quando stavano al governo né ora che sono all’opposizione”.