di Gianluca Schiavone
Ieri le riunioni delle redazioni tv erano fucine di idee nuove e progetti diversi. Ieri si sperimentava. Ieri ci si confrontava su proposte inedite e si valutava quale fosse la più valida da veicolare al grande pubblico. E oggi? Stando alle scalette quotidiane dei grandi programmi di intrattenimento, sembrano farla da padrone il monocolore, il chiodo fisso, l’ossessione quasi maniacale per quei 2 o 3 casi di cronaca nera che – non si sa con quale criterio – si decide debbano avere la priorità su tutti gli altri. Oggi è il trionfo del piglio investivo da quattro soldi, della curiosità pettegola svilente, della voglia di scavare così a fondo da rischiare di non rispettare più niente e nessuno. Vittime comprese.
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Il paradosso? Tutto questo fa audience, e che audience. Quest’ingranaggio a metà strada fra la cronaca e lo sciacallaggio mediatico piace ad una buona fetta del Paese, che forse vive una discutibile forma di transfer freudiano e si immedesima a tal punto in queste storie di sangue da non riuscire più a farne a meno. Ed è così forte la voglia di seguire “il caso del momento” che ci si accontenta davvero di tutto. Della soubrette sgrammaticata che si autoproclama investigatrice ad honorem. Della giornalista un po’ goffa che cerca con tale affanno lo scoop da rasentare spesso reati di stalking o di violazione di domicilio. Della presentatrice ruffiana disposta quasi a fornire un alibi al presunto assassino pur di guadagnarsi la sua intervista esclusiva. E di chi è la colpa? Di tutti e di nessuno. Viene da pensare che la tv non faccia altro che captare una tendenza di buona parte dei cittadini, cioè, quella di tuffarsi a bomba in storie dalle dinamiche complesse pur di distrarsi dalle bollette accatastate in cucina. Forse molti rincorrono il giallo per scappare dal rosso, del conto in banca. Forse risolvere l’enigma aiuta ad alienarsi dalla certezza, della riunione di condominio che incalza. Al netto di valutazioni o di gusti personali poco inclini a questo tipo di approfondimento ossessivo, gli imperativi categorici sono serietà e rispetto.
RISPETTO PER LE VITTIME
Vada per l’intervista del cugino dell’amante del marito della vittima. Vada per le ricostruzioni fatte in studio da personaggi convinti che il codice penale sia il nuovo libro di Sandro Mayer; vada per lo scippo in diretta dell’ospite fra una rete e la concorrenza. Ma non bisogna mai dimenticare un paio di concetti fondamentali. Che i protagonisti di queste storie al limite del romanzo noir sono vittime, la cui memoria merita rispetto. Che ci sono delle famiglie in lutto e vanno lasciate libere di chiudersi a piangere nelle proprie case, senza la stagista 18enne che entra dalla finestra del bagno per trovare una pista. Che i casi di cronaca possono essere raccontati, ma non risolti in tv perché –per fortuna – per quello esiste una fitta schiera di professionisti togati pagati apposta. La vera esclusiva? Un po’ di buon senso.