La giungla della logistica in Lombardia. In dieci anni i magazzini hanno consumato altri 5,8 milioni di mq

La logistica si manga la Lombardia. Un pezzo alla volta e a una velocità preoccupante.

La giungla della logistica in Lombardia. In dieci anni i magazzini hanno consumato altri 5,8 milioni di mq

La logistica si manga la Lombardia. Un pezzo alla volta e a una velocità preoccupante. Un’economia che oltre a distruggere il territorio, erodendo lo spazio agricolo e trasformando le periferie urbane, amplia i volumi di traffico con conseguenze sulle emissioni e influisce in modo negativo sul tessuto economico del commercio di vicinato. Una crescita che Regione Lombardia non si è mai curata di gestire né pianificare, demandando tutto ai comuni. E così negli ultimi 10 anni in Lombardia la superficie totale edificata per i magazzini è aumentata del 50%, passando da 10 milioni a 15,8 milioni di mq.

La logistica si manga la Lombardia. Un pezzo alla volta e a una velocità preoccupante

A dirlo è uno studio dell’Osil, l’Osservatorio sull’Immobiliare Logistico della Liuc Business School, guidato dal professor Fabrizio Dallari. “I magazzini della Regione Logistica Milanese”, ha spiegato il professor Dallari, “rappresentano il 35% della dotazione in Italia, pari a oltre 950 magazzini. Il 50% degli immobili a uso logistico si concentra entro un raggio di 40 km dal centro di Milano e il 75% dei magazzini dista meno di 5 km dal casello/svincolo autostradale più vicino”. La vera chiave di sviluppo dei magazzini, cresciuti molto spesso secondo logiche puramente speculative, è stata la semplice accessibilità autostradale. La dimensione media dei magazzini è pari a 16.000 mq e varia in funzione della tipologia. Inoltre, cresce tanto più ci si allontana dal capoluogo milanese: 8.000 mq entro 10 km e 20.000 mq oltre 40 km.

E, crescendo il numero e l’estensione dei magazzini, cresce anche il loro impatto economico (e il potere di chi quei magazzini li costruisce o gestisce. Una deregulation la cui gestione è lasciata ai soli comuni. Senza una regia regionale. La Lombardia ospita il 27% degli immobili logistici presenti in Italia. Considerando il fatturato del comparto a livello regionale, si è passati dai 31,2 miliardi di euro del 2018, ai 44,7 del 2023 con un tasso di crescita (+5,7%) ben superiore rispetto alla media nazionale. Un settore strategico che, però, a livello di normativa non contempla una disciplina speciale che sottragga i nuovi insediamenti alla sola e ordinaria pianificazione e autorizzazione comunale, così come è invece disposto per le grandi strutture di vendita. I dati sono stati resi noti ieri in occasione dell’evento “Logistica in Lombardia – Mettiamo ordine”, durante il quale è stato presentato un Progetto di Legge su iniziativa del Consigliere PD Matteo Piloni.

Al contrario delle grandi strutture commerciali in questo settore non c’è traccia di una regia regionale

La proposta mira a introdurre un’analogia tra gli insediamenti logistici e le grandi strutture di vendita, prevedendo una disciplina speciale che sottragga tali interventi dall’ordinaria pianificazione comunale. Primo obiettivo è quello di disinnescare una competizione territoriale tra comuni, individuando una regia sovracomunale per la localizzazione degli interventi in capo alla Regione, identificando in particolare – nell’Accordo di Programma promosso dalla Regione – l’atto autorizzativo mediante il quale si manifesta il potere di coordinamento in questione. Per il consigliere Piloni, “Oggi in Lombardia non esistono ancora norme che regolino la proliferazione selvaggia degli insediamenti logistici che si sono moltiplicati negli ultimi anni, con un impatto assai critico su viabilità, ambiente e paesaggio”.

Per questo è stata presentata “Una proposta che in soli quattro articoli, intende modificare la normativa urbanistica regionale. Chiediamo sostanzialmente alla Regione di introdurre tre principi: la regia sovracomunale degli insediamenti che non possono essere lasciati all’iniziativa e alla responsabilità del singolo comune; la priorità al recupero delle aree dismesse e alle zone già dotate di collegamenti a infrastrutture esistenti; il rispetto della qualità del lavoro”, conclude Piloni.