Nelle periferie c’è rabbia e paura. Un terreno fertile per chi intende fomentare il disagio con risposte semplici. E le proteste di Casal Bruciato “sono figlie della stanchezza della gente che vive lì. Persone sfiancate dalla povertà e dall’attesa di risposte”. Goffredo Buccini, giornalista del Corriere, autore di un libro dedicato alle periferie (Ghetti edito da Solferino) non ha dubbi: il gesto della sindaca Raggi, di recarsi dalla famiglia rom, è stato sacrosanto, ma lì, nei ghetti, dove la mano pubblica ha perso da decenni, servono muscoli e la sponda dello Stato.
Come mai fa così notizia un politico che si reca in periferia?
“Il gesto della Raggi è stato sacrosanto. Mi è tornato in mente Ignazio Marino al tempo dei tafferugli di Tor Sapienza, anche lui ebbe una contestazione violentissima. E’ complicato affrontare il tema in modo non banale. Casapound lo semplifica per connettersi alla rabbia, e la rabbia non ammette complessità. La vicenda della famiglia rom non può non essere affrontata nella sua complessità, perché attiene alla stanchezza della gente che vive lì. Non sono tutti nazisti. Sono persone sfiancate, basti pensare che per ottenere un alloggio popolare possono passare anche 25 anni”.
Dunque questa volta la sindaca non ha commesso errori?
“Nella contestazione paga anche errori suoi. A mio avviso Casal Bruciato è figlia del doppio errore commesso a Torre Maura. Perché se decidi di mettere 70 rom tutti in un posto, come a Torre Maura, un quartiere già segnato e devastato, e alla prima contestazione, li togli, stai aprendo involontariamente la caccia al rom. Per insipienza”.
Le periferie, come scrivi nel tuo libro, sono ormai un coagulo di problemi, quello dominante resta la casa?
“E’ un problema gigantesco. Abbiamo un patrimonio immobiliare che non riusciamo a utilizzare perché non è agibile oppure perché è in mano alle occupazioni. Non è semplice per un sindaco fare i conti con un problema così complesso che affonda nei tempi passati. Le occupazioni non sono tollerabili. Non esiste un’occupazione buona. Dove non c’è lo Stato si aprono le porte a qualunque tipo di arbitrio”.
Uno degli sbagli è aver ceduto il controllo ad entità astratte come l’Ater?
“La politica non è stata capace di rispondere al gigantesco fenomeno di periferizzazione. Le periferie di Roma sono sconfinate e hanno una quantità enorme di bisogni. L’ultimo tentativo di dare una risposta strutturata alle periferie ha creato i falansteri, Corviale per esempio, ma anche le vele di Scampia e lo Zen. Una risposta visionaria rimasta a metà perché i falansteri sono stati occupati prima ancora di essere ultimati. Lo Stato ha perso prima di completare il suo disegno lasciando all’arbitrio quello che invece andava governato”.
Dopo il gesto controcorrente di Casal Bruciato cosa dovrebbe fare la sindaca?
“Avrebbe bisogno dello Stato. E’ grave la mancata risposta delle forze dell’ordine alla caccia al rom. La risposta deve essere duramente repressiva. Non si può accettare che si vedano davanti a un alloggio popolare, legittimamente assegnato, degli squadristi che infiltrano i residenti, li fomentano e li spaventano. La Raggi ha diritto ad avere la sponda del ministero dell’Interno. I campi rom vanno chiusi, ma queste cose si fanno facendo squadra”.
Nelle periferie dilaga la destra, anche la più estrema, perché?
“Questo tipo di rabbia richiede una risposta complessa, ma la gente arrabbiata tende a rifiutarla e acchiappa al volo la risposta binaria, la più semplice: noi o loro, bianco o nero”.
Quali errori ha fatto la sinistra nelle periferie, dove aveva il suo bacino elettorale?
“La sinistra, il Pd, paga colpe molto gravi. Si è voltata. Ha espunto dal suo dizionario la paura e la povertà, perché la narrazione era che ce l’avevamo fatta. In realtà la gente ha paura e ha difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Quindi la sinistra paga questo, cioè il tradimento delle periferie. Ha retto soltanto nei quartieri Ztl. Il tema, però, sembra che spaventi anche chi sta governando ora, ma voltarsi è una tentazione molto pericolosa”.