La crisi climatica non tira più, Greenpeace preoccupata per il calo di attenzione sui media e per l’aumento dello spazio offerto a chi si oppone alla transizione ecologica

La crisi climatica non tira più sui media italiani, Greenpeace lancia l'allarme e segnala l'aumento dello spazio alle tesi complottiste

La crisi climatica non tira più, Greenpeace preoccupata per il calo di attenzione sui media e per l’aumento dello spazio offerto a chi si oppone alla transizione ecologica

Malgrado la crisi climatica sia sotto gli occhi di tutti, certificata da report internazionali e dal parere della comunità scientifica, sui principali quotidiani e telegiornali italiani diminuisce l’attenzione al fenomeno. Come se non bastasse, ad aumentare è lo spazio offerto a chi si oppone alla transizione ecologica, al punto che il 25,5% delle notizie trasmesse dai TG nazionali diffonde argomentazioni critiche o contrarie alle azioni per il clima.

Questo è quanto emerge dal nuovo rapporto che Greenpeace Italia ha commissionato all’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione. Lo studio ha esaminato, nel periodo fra gennaio e aprile 2024, come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa) e dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7.

La ricerca pubblicata oggi aggiorna il monitoraggio periodico di Greenpeace sull’informazione dei cambiamenti climatici in Italia avviato nel 2022.

La crisi climatica non tira più sui media italiani, l’allarme di Greenpeace

I risultati mostrano che nel primo quadrimestre del 2024 sui telegiornali si parla del clima e della transizione energetica nel 2% delle notizie trasmesse, ma le notizie realmente dedicate alla crisi climatica sono in media lo appena lo 0,1% (circa una ogni dieci giorni per ciascun TG). Inoltre, un quarto delle notizie in cui si parla del clima veicola narrative di resistenza alle azioni necessarie per mitigare il riscaldamento globale, senza che peraltro siano mai messe in discussione.

Gli argomenti principali sono i costi considerati eccessivi della transizione e il suo presunto carattere “ideologico”, nonostante la comunità scientifica sia invece unanime nel sostenere la necessità di agire con urgenza. Il TG5 è il telegiornale che ha dato più spazio al riscaldamento del pianeta, mentre all’opposto il TG La7 di Enrico Mentana ha parlato della crisi climatica una sola volta in quattro mesi.

Un fenomeno sottovalutato dai media italiani

“La Terra si surriscalda sempre più in fretta, ma l’influenza del governo e delle aziende inquinanti sui principali media nazionali impedisce di cogliere la gravità della minaccia, nonostante l’intensificarsi di alluvioni catastrofiche e di ondate di calore estreme che non risparmiano il nostro Paese”. Dice Giancarlo Sturloni, responsabile della comunicazione di Greenpeace Italia.

“Questo spiega anche perché su giornali e tv non si parla quasi mai dei combustibili fossili come causa della crisi climatica, e ancora meno delle aziende del gas e del petrolio come responsabili: in quattro mesi è accaduto appena due volte sui quotidiani e una sola volta nei telegiornali, senza mai citare il colosso italiano Eni, campione di pubblicità infarcite di greenwashing”, continua il manager.

Il rapporto di Greenpeace sulla crisi climatica

Sempre secondo Greenpeace, i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 4,4 articoli al giorno in cui si fa almeno un accenno al clima e alla transizione energetica, ma gli articoli realmente dedicati alla crisi climatica sono in media appena uno ogni due giorni. Si conferma inoltre la dipendenza della stampa italiana dalle pubblicità delle aziende più inquinanti (compagnie del gas e del petrolio, dell’automotive, aeree e crocieristiche): con l’eccezione di Avvenire, sugli altri quotidiani nel periodo in esame si arriva a una media quattro inserzioni pubblicitarie a settimana, più degli articoli dedicati alla crisi climatica.

Un’ulteriore conferma arriva dal fatto che aziende e rappresentanti del mondo economico e finanziario costituiscono il 41% dei soggetti che trovano più spazio nel racconto giornalistico del riscaldamento globale, staccando di gran lunga politici, esperti e scienziati, e ambientalisti. In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani: ancora una volta si avvicina alla sufficienza solo Avvenire (con 5,6 punti su 10), guadagna posizioni Il Sole 24 Ore grazie a una maggiore copertura della crisi climatica (3,8 punti), seguono con punteggi gravemente insufficienti Corriere della Sera (3,4), La Stampa (3,2) e la Repubblica (2,6).

Gli altri dati

I giornali sono stati valutati mediante cinque parametri: 1) quanto parlano della crisi climatica; 2) se citano i combustibili fossili tra le cause; 3) quanta voce hanno le aziende inquinanti e 4) quanto spazio è concesso alle loro pubblicità; 5) se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti. Lo studio di Greenpeace – si aggiunge – “esamina anche le dichiarazioni sul clima e sulla transizione energetica rilasciate dai principali leader politici italiani su Facebook, sui quotidiani e sui telegiornali.

I risultati del primo quadrimestre confermano che la crisi climatica resta marginale nel dibattito politico nazionale. Paradossalmente, sono i leader di destra a parlare di più di clima su quotidiani e telegiornali, ma spesso per esprimere posizioni ambigue o apertamente critiche verso la transizione. Salvini si conferma il campione di resistenza alle azioni per il clima, seguito dalla premier Meloni e da Giorgetti. L’elenco completo delle figure politiche analizzate comprende: Bonelli, Calenda, Conte, Fratoianni, Giorgetti, Lollobrigida, Magi, Meloni, Pichetto Fratin, Renzi, Salvini, Schlein e Tajani”.