Dalla Fondazione Open vicina a Matteo Renzi a Magna Carta con Gaetano Quagliariello, per passare a Italianieuropei, storico think-tank di Massimo D’Alema, senza dimenticare l’associazione Rousseau, braccio destro del Movimento cinque stelle e di Davide Casaleggio. Benvenuti nel mondo delle fondazioni politiche. Un mondo intricato e interminabile: dal 2015 a oggi OpenPolis ne ha contate ben 121. Un’enormità. La ragione di questo exploit, spiega l’osservatorio è da ricercare nbell’esigenza della politica di drenare soldi dal momento in cui i finanziamenti pubblici ai partiti (mascherati come “rimborsi elettorali”) sono stati aboliti. Cosa c’è di meglio, allora, se non affidarsi a think-tank che non hanno alcun obbligo, al contrario dei partiti, di rendicontare e pubblicare lista dei donatori e bilanci? I numeri, sciorinati da OpenPolis in un dossier pubblicato un mese fa, sono eloquenti: delle 101 fondazioni oggi esistenti e attive con un proprio sito web, solo 19 pubblicano il proprio bilancio e 3 la lista dei finanziatori. Nemmeno le informazioni meno impattanti spesso sono presenti: lo statuto costitutivo, documento centrale per stabilire forma giuridica e obiettivi, è reso disponibile online solo nel 45% dei casi. Il punto è che, non essendoci un quadro normativo chiaro, di fatto ognuno fa come crede: se Rousseau pubblica solo le iniziali dei propri donatori, la Fondazione Open rende espliciti nome e donazione solo di chi autorizza alla pubblicazione.
All’interno dei comitati e dei direttivi OpenPolis è arrivata a contare circa 3mila persone. Ma il tratto più peculiare di questa anagrafica è che spesso i nomi che ricorrono sono sempre gli stessi. Per dire: l’85% delle strutture analizzate ha, attraverso i suoi membri, almeno un collegamento con un’altra realtà. Per il 18,81% i collegamenti sono almeno dieci, creando di fatto un network pazzesco. La rete che ne nasce è bipartisan: Aspen Institute ha membri che fanno parte sia di realtà più vicine al centrodestra (da ResPublica alla fondazione Tatarella passando per la Fondazione Iustus), che membri con incarichi in strutture più vicine al centrosinistra (Fondazione per la collaborazione tra i popoli e la fondazione Amendola). Altro esempio è la Fondazione Italia Usa che vede al suo interno politici di quasi tutti i partiti di rilievo: Emilio Carelli (M5s), Piero Fassino (Pd), Osvaldo Napoli (Fi), Francesca Gerardi (Lega), solo per citarne alcuni. Proprio la Fondazione Italia Usa, d’altronde, è la realtà che, attraverso i suoi membri, ha più collegamenti esterni nella mappa delle fondazioni: 23. Senza dimenticare l’Aspen che segue con 21 (all’interno, tra gli altri, Enrico Letta e Mario Monti).
I nomi – La rete è a tratti inquietante: Giulio Tremonti, per dire, siede in ben sei strutture; l’ex onorevole Salvatore Biasco in cinque; esattamente come l’ex membro del Cda Rai, Angelo Maria Petroni. Non mancano, poi, persone legate al Governo Conte. Lo stesso ministro Paolo Savona, per dire, siede in cinque direttivi (Libertà e giustizia, Fondazione Basso, Fondazione critica liberale, Fondazione Nilde Iotti, Italianieuropei). Ma Savona non è l’unico. Anche Enzo Moavero Milanesi, per dire, siede nell’Aspen, mentre Giovanni Tria compare sia nella Fondazione Iustus che in quella in memoria di Craxi (presieduta dall’ex onorevole Margherita Boniver). Nell’associazione Rousseau troviamo, poi, il sottosegretario Manlio Di Stefano e il ministro Alfonso Bonafede. Molto più estesa la galassia di fondazioni che gravitano attorno alla Lega: Alberto Bagnai è esponente di spicco di A/simmetrie, il sottosegretario Guglielmo Picchi del Centro Studi Machiavelli. Comunque meno rispetto a quelle che gravitano attorno al Pd: da Eyu di Francesco Bonifazi a libertàEguale di Enrico Morando fino a iDemLab in cui ritroviamo, tra gli altri, Lia Quartapelle, Andrea Romano e Tommaso Nannicini.
Disegno di legge della Dieni (M5S): “Ci sarà più trasparenza”
Nel corso dei primi mesi della legislatura sono stati già presentati diversi disegni di legge che mirano alla trasparenza non solo dei partiti, ma anche delle fondazioni politiche. Uno dei primi ddl è stato presentato da Federica Dieni (M5S).
A cosa mira la sua proposta di legge?
“L’obiettivo è garantire la massima trasparenza possibile non solo da parte dei partiti politici che dunque dovranno rendicontare in maniera molto scrupolosa e pubblicare i nomi dei loro finanziatori, ma anche da parte delle fondazioni”.
Perché questa esigenza?
“Sempre più spesso negli ultimi anni i partiti si stanno nascondendo dietro a think-tank per aggirare le norme”.
Cosa prevede nel dettaglio il disegno di legge?
“Innanzitutto non si potranno accettare somme di denaro da parte di chi si oppone alla pubblicazione del proprio nome, in obbedienza ai principi di trasparenza e pubblicità. Tutto, poi, sarà controllato dalla Corte dei conti”.
Trasparenza totale, dunque.
“È una norma che mira al rispetto dei cittadini che hanno il diritto di sapere chi finanzia il partito che hanno votato”.
Pensa che ci sia spazio per l’approvazione del ddl?
“Anche da qui deve partire il cambiamento”.