Un’inchiesta al giorno. Ora in Lombardia tocca alle mascherine. Nel mirino le forniture in Regione. Truffa e frode le ipotesi di reato – LA PRECISAZIONE DI DIASORIN

Non bastavano i test sierologici, ora spuntano anche le mascherine. A quanto pare in Lombardia si va avanti a ritmo di un’inchiesta al giorno. Per quanto sia ovviamente un riferimento iperbolico, è certamente impressionante il numero delle indagini aperte. L’ultima, ieri. La procura di Milano ha aperto un’indagine in seguito a un esposto presentato da Adl Cobas Lombardia per accertare, tra le altre cose, l’idoneità, i costi e l’aggiudicazione della fornitura delle mascherine prodotte dalla Fippi di Rho, un’azienda di pannolini che ha riconvertito la produzione su commissione di Regione Lombardia.

L’inchiesta, nella quale sono ipotizzati i reati di truffa e frode nelle pubbliche forniture a carico di ignoti, è coordinata dai pm Mauro Clerici e Giordano Baggio. I quali, per ora, hanno delegato i militari del Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Milano a compire accertamenti relativi, per esempio, alla quantità di mascherine prodotte, alla loro idoneità e alla loro certificazione e alle modalità con cui è stata affidata la commessa. Le fiamme gialle, da quanto si è saputo, nei giorni scorsi hanno già cominciato a sentire Riccardo Germani, il portavoce di Adl Cobas Lombardia, che tramite l’avvocato Vincenzo Barbarisi, attorno alla metà di aprile ha depositato l’esposto alla magistratura.

I RILIEVI DELL’ESPOSTO. Nel documento si parla di “inidoneità e, quindi, pericolosità del presidio”, giudizio dato da coloro che lo hanno provato “sul campo”. Come si legge nell’esposto le mascherine, che sono state battezzate ‘pannolino’, “ non appaiono funzionali allo scopo protettivo, né del paziente né dell’operatore sanitario e/o medico, sotto il profilo anatomico e dinamico” il che comporterebbe rischi di contagi. “A quanto consterebbe – prosegue l’esposto – non solo alcuni singoli operatori sanitari ma addirittura alcune strutture ospedaliere destinatarie delle forniture” di tali presidi, come l’ Ospedale di Busto Arsizio e Niguarda, “hanno ritenuto preferibile non fare utilizzare per nulla le mascherine ai propri operatori sanitari e/o medici” e inoltre “milioni” di pezzi, uno degli aspetti da accertare, “giacerebbero inutilizzati” per esempio nel “Padiglione logistico Lombardo ex area Expo cargo”. Infine, si sostiene la “sostanziale irrilevanza delle autorizzazioni Iss e pareri del Politecnico di Milano”.

Su questi ed altri capitoli, come il quantitativo prodotto di tali presidi – “900 mila al giorno” – e la “natura del contratto” con cui Ragione ha affidato la commessa, la magistratura e la Gdf dovranno fare luce. C’è da dire, però, che subito è arrivata la chiara posizione della Regione Lombardia, dalla bocca di Raffaele Cattaneo (nella foto), l’assessore che più si è esposto sul punto. “Le mascherine ‘Fippi’ sono state, per diverso tempo, le uniche autorizzate dall’Istituto superiore della sanita’ (Iss) e sono state regolarmente acquistate dalla nostra ‘Centrale acquisti’ solo dopo l’autorizzazione dell’Iss e in carenza di altre mascherine disponibili”. Vedremo cosa accadrà.

Nel frattempo, però, a farsi sentire è stato il Movimento cinque stelle che ha sottolineato come l’emergenza sia amministrativa, oltre che sanitaria. Anche perché nel frattempo proseguono le indagini sulla commessa da due milioni di euro affidata alla società privata Diasorin, senza che vi sia stata alcuna gara pubblica. E, soprattutto, con l’ombra di un conflitto d’interessi all’orizzonte: il coordinatore del gruppo di lavoro incaricato dalla Regione Lombardia di stabilire quale fosse il test migliore a disposizione, il professor Fausto Baldanti, è a capo dell’equipe dell’Ospedale San Matteo di Pavia, proprio l’istituto che lavora al progetto concordato con Diasorin.

LA PRECISAZIONE DI DIASORIN

Si rileva la seguente affermazione: “E, soprattutto, con l’ombra di un conflitto d’interessi all’orizzonte: il coordinatore del gruppo di lavoro incaricato dalla Regione Lombardia di stabilire quale fosse il test migliore a disposizione, il professor Fausto Baldanti, è a capo dell’equipe dell’Ospedale San Matteo di Pavia, proprio l’istituto che lavora al progetto concordato con Diasorin..[omissis].” Ciò posto, preme sottolineare tale asserzione è inesatta e gravemente lesiva della competenza e della reputazione della DIASORIN S.p.A. Sussistendo i presupposti affinché, a norma dell’art. 8 della legge n. 47/1948, sia disposta la pubblicazione immediata di una Rettifica del contenuto dell’articolo in questione, Vi invito a procedere in tal senso, riservandomi, in difetto, di adottare le più opportune misure nelle sedi giudiziarie competenti. Si precisa che la DIASORIN S.p.A. non sta lavorando ad alcun progetto con l’Ospedale San Matteo di Pavia. E’ intercorso con la Fondazione San Matteo un accordo per la validazione clinica, oggi conclusa, di un nuovo test IVD sviluppato, quale fabbricante, dalla DiaSorin S.p.A., necessaria per ottenere la certificazione CE prodromica alla sua commercializzazione. Tale contratto è disponibile presso il sito internet della Fondazione per pronta consultazione, in ottemperanza alla normativa vigente.