A volte un dettaglio conta più dell’insieme. Per dire. Il Partito democratico ha infilato un piccolo errore d’ortografia (piccolo è un simpatico eufemismo) nel manifesto pubblicato on line e rilanciato dall’account twitter del Pd Scuola che annuncia l’incontro del premier Matteo Renzi con il mondo della scuola, previsto per il prossimo 22 febbraio a Roma. Al centro del manifesto l’immenso slogan: “La scuola che cambia, cambia l’Italia”. In alto, invece, l’occhiello fatale: “2014 – 2015 un’anno di governo”. Capita, per dire. Ma se capita agli uomini di Renzi diventa un caso, perché è il paradigma dell’anno di governo renziano costellato di piccoli errori, o orrori, coretti a tempo di record. Perché un esecutivo da corsa, quale è quello in carica, non può saltare tutti gli ostacoli. Il governo di Matteo Renzi giurava nelle mani del capo dello Stato il 22 febbraio 2014. Era un sabato. Il giorno precedente il leader del Pd aveva sciolto la riserva e accettato l’incarico per la formazione del nuovo esecutivo conferitogli il 17 dal presidente Giorgio Napolitano. Sette giorni prima, il 14, giorno di San Valentino (ma nelle cronache di quel periodo in molti hanno evocato più che il giorno degli innamorati la «strage di San Valentino» con cui Al Capone nel 1929 eliminò la gang rivale), Enrico Letta si era presentato al Quirinale per rassegnare le dimissioni. La decisione era maturata dopo che meno di 24 ore prima, nel corso della direzione Pd, lo stesso Renzi aveva sottolineato la necessità di «uscire dalla palude» e aveva ottenuto dal partito il mandato per rilanciare il governo con una nuova leadership. La sua.
Riforme, una sfida solo iniziata. VOTO: 5,5
Due giorni dopo il giuramento al Quirinale, Renzi presenta al Senato il suo programma, parla di «tempo del coraggio» e insiste sulla necessità di portare a compimento le riforme istituzionali. Il disegno di legge di revisione costituzionale, approvato in prima lettura al Senato lo scorso agosto, è ora al vaglio della Camera. La maggioranza ha approvato da sola gli emendamenti al testo, con la protesta delle opposizioni che hanno lasciato l’Aula, e il via libera è atteso a marzo. Oltre al superamento del bicameralismo perfetto la riforma prevede la riduzione del numero di parlamentari e il contenimento dei costi della politica, oltre all’eliminazione del Cnel – il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, un organo consultivo del governo su materie economiche e delle politiche sociali – e la modifica di alcuni articoli della seconda parte della Costituzione. Trattandosi di una legge di revisione costituzionale, dovrà essere approvata due volte da entrambe le camere con un intervallo di tre mesi tra una votazione e l’altra. Anche se non obbligatorio, il governo ha già fatto sapere che chiederà un giudizio sulla riforma agli italiani mediante referendum consultivo.
Gli 80 euro un bonus che è piaciuto. VOTO: 8
Approvato nel giugno 2014, con la legge di stabilità il bonus di 80 euro per i dipendenti che guadagnano fino a 26mila euro l’anno è stato reso strutturale. Nello stesso provvedimento è contenuto anche il taglio del 10% dell’Irap (altra promessa fatta da Renzi nella famosa conferenza stampa del 12 marzo). Nella legge di stabilità 2015 è previsto un bonus bebè per le neo-mamme e Renzi inserisce anche il taglio del cuneo fiscale prevedendo la deducibilità integrale del costo del lavoro dalla base imponibile Irap. Gli effetti, quelli veri, sono ancora da valutare dato che la pressione fiscale non è affatto calata. Anzi…
Italicum, la partita infinita. VOTO: 5
La nuova legge elettorale, l’Italicum, prevede un premio di maggioranza per la lista che ottiene il numero maggiore di voti. Premio che dovrebbe garantire l’autosufficienza al partito più votato e che scatterebbe in prima battuta solo nel caso di un superamento della soglia del 40% dei consensi. Qualora il quorum non fosse raggiunto, gli elettori saranno chiamati ad un turno di ballottaggio tra le due liste più votate. L’elezione avviene sulla base di collegi con i capilista bloccati e liste corte di candidati tra cui l’elettore può esprimere una preferenza.
Mogherini, una lady Pesc che non pesa. VOTO: 4
Fuori dal recinto di casa tengono banco due temi. Prima di tutto il semestre europeo che da più parti è stato definito senza troppe luci né ombre, ma nel quale Renzi ha posto le basi per il documento approvato dalla nuova Commissione europea guidata da Jean Claude Juncker in cui, pur senza modificarle, si dà un’interpretazione più flessibile delle regole del Patto di stabilità e crescita. Tra le vittorie ascrivibili a Renzi in Europa va poi citata la nomina dell’ex ministro degli Esteri, Federica Mogherini, a capo della politica estera europea come Lady Pesc e il cosiddetto “piano Juncker” per la crescita da 315 miliardi di euro, anche se diversi critici puntano il dito contro la scarsità delle risorse ‘fresche’ messe in campo dell’Europa per rilanciare gli investimenti. Peccato che alla prima vera prova la Mogherini si sia sciolta come neve al sole e il semestre europeo è già un ricordo, nemmeno troppo bello.
Mattarella, il capolavoro tattico. VOTO: 7,5
“Il Nazareno dopo essersi rotto sull’elezione di Mattarella resuscita grazie alla crisi libica”. Lo afferma Stefano Folli, editorialista di Repubblica, all’indomani dell’incontro tra il capo dello Stato, Sergio Mattarella, e le opposizioni di Forza Italia e di Sel. A rappresentare gli azzurri è stato il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta, il quale ha commentato: “Il presidente Mattarella ha auspicato che il dialogo sulle riforme possa riprendere. Conoscendolo, userà tutti gli strumenti previsti dalla Costituzione per ripristinare un clima di dialogo”. Due passaggi importanti, perché il patto del Nazareno è stato il cardine su quale ha ruotato l’azione del governo nella sua prima parte, dimostrando che Renzi sia un grande tattico, mentre l’elezione di Mattarella è stato il capolavoro politico del premier. Il quale, pur di ottenere il risultato, ha messo in discussione il Nazareno.. Insomma, come camminare sul filo d’acciaio senza mai cadere.
Sopravvissuto al fuoco amico del Pd. VOTO: 5,5
Il Senato ha approvato la riforma il 3 dicembre consentendo, così, alle imprese di poter sfruttare dal nuovo anno gli sconti sulle nuove assunzioni con contratti a tutele crescenti. La vera battaglia – sulla quale Renzi deve fare i conti anche con la sinistra Dem – ci sarà, però, sui decreti attuativi del testo (nonostante il Parlamento intervenga su di essi solo con pareri che vanno espressi entro il 12 febbraio) approvato dal Consiglio dei ministri il 24 dicembre e che riguarda anche la modifica dell’articolo 18. Secondo gli ultimi dati Istat, tra l’altro, il tasso di disoccupazione in dicembre è risultato in forte calo con 93mila occupati in più in un mese. Renzi ha commentato: “E’ solo l’inizio”. Sempre ammesso che la minoranza del partito e le opposizioni non riescano a far saltare il banco. Un nodo ancora tutto da sciogliere.
E con l’amico Verdini ha pilotato pure Forza Italia
Renato Brunetta sostiene che l’obiettivo di Berlusconi “è ricostruire il centrodestra, quindi anche con Alfano, anche in Veneto”. Già, ricostruire il centrodestra. A quale prezzo però? E sacrificando chi? Domande che in queste ore tengono banco tanto all’interno di Forza Italia quanto fra gli esponenti dell’Ncd. Procediamo con ordine. Il prezzo potrebbe essere una sonora sconfitta alle prossime regionali dato che gli azzurri e i centristi stanno dando l’impressione di organizzarsi per perdere, in modo tale da consegnare il Paese a Matteo Renzi, passando dal patto del Nazareno a quello delle regionali. Il caos sul Veneto, dove Luca Zaia è diventato il pomo della discordia con la Lega di Matteo Salvini, è il paradigma dell’intero ragionamento. Su chi verrà sacrificato il ragionamento è molto più semplice: Denis Verdini. L’ex mandarino azzurro, che i suoi definiscono “terribilmente incazzato” ma pronto alla vendetta, sta osservando le operazioni senza prendervi parte. Ed è proprio in momenti come questi che il silenzio vuol dire tante cose. Vendetta. Attesa. Godimento. Doppio gioco. Denis Verdini, in fondo, è un po’ la sintesi di tutto questo. Anche perché la rottura provvisoria del patto del Nazareno ha fatto accomodare lo sherpa renzusconiano su una sponda del fiume, aspettando il passaggio di vari cadaveri. “Io adesso non mi muovo, mi godo la scena. Silvio non ha capito che questo ( Renzi ovviamente) qui non fa prigionieri, Matteo lo ammazza, non scherza, mica è D’Alema che abbaiava solamente. E siamo solo all’inizio”. Esatto, siamo solo all’inizio, visto che le regionali serviranno a chiarire i contorni dell’intera vicenda. Risorgerà Denis o vincerà il cosiddetto “cerchio magico” che tiene prigioniero l’ex Cavaliere. In primis la fidanzata Francesca Pascale e la badante Mariarosaria Rossi, colei che vorrebbe cacciare il “duo tragico” formato da Verdini e Gianni Letta. Verdini sarà pure in silenzio ma non è immobile. Dietro di lui ci sono almeno quindici, se non venti, parlamentari. Incontri, telefonate, abboccamenti. Un’agenda piena, non vuota. Lo sherpa toscano del Nazareno si è fatto addirittura prezioso per il Condannato che ha sbattuto i piedi sul tavolo dopo lo choc per l’elezione di Mattarella al Quirinale. Del resto la lotta per il potere dentro e fuori Forza Italia non ha nulla di politico. E la visione verdiniana delle cose è molto semplice: per lui “Matteo” è molto più di un amico e perdere il carro del nuovo pigliatutto di Palazzo sarebbe letale. Al contrario, l’accordo tradito sul Colle per Giuliano Amato, tradito da Renzi ovviamente, è stato una rivincita per il cerchio magico: la Rossi, la Pascale, Toti, Dudù, Romani, la Gelmini. E ora a sistemare tutto ci penseranno le regionali. Chi vince resta in sella, chi perde esce di scena. “L’è normale no..”, come ribadisce in toscano Denis . Che sarà pure incazzato, ma sa aspettare. Eccome se sa aspettare….