Sarà anche “colpa” del web se i quotidiani li leggono sempre meno persone. Ma la crisi dei giornali in Italia non può essere semplificata così banalmente. Si pensi agli Usa dove, per esempio, l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca è stata linfa vitale per i giornali. Con vendite e abbonamenti in ripresa dopo una crisi nera.
Sembra chiaro che per i cittadini americani il giornalismo rappresenti ancora quel cane da guardia del potere. Evidentemente la figura del giornalista negli Usa merita ancora fiducia. Totalmente differente quanto accade in Italia, dove i cronisti brutti e cattivi che fanno le pulci al potere sono sempre meno. Almeno questo è il comune pensiero che hanno i cittadini. Parla chiaro il sondaggio Ixè per Agorà di venerdì che ha evidenziato come l’86% degli italiani pensi che la stampa nel nostro Paese sia condizionata dalla politica. Soltanto il 13% crede a una stampa libera e indipendente.
Quella italica sarebbe quindi una stampa militante e schierata a patteggiare per l’una o l’altra parte e pronta, in alcuni casi, a cambiare idea seguendo il vento del momento. Pochi, pochissimi, gli editori puri in un Paese dove giornali e tv non sono visti altro che come mezzo per agganciare il potere per poi fare affari con esso. Piuttosto che come prodotti editoriali costretti a fare utili per stare sul mercato. Ed è così che dietro a organi d’informazione non di rado spuntano faccendieri oscuri o imprenditori con le mani in pasta e pronti a utilizzare la clava soltanto con chi fa comodo. Allo stesso tempo, trattandosi di prodotti costosi, in questo circolo vizioso che viene a crearsi, sono molti gli organi di informazione stessi costretti a legarsi alla politica per ottenere un qualsivoglia finanziamento sempre utile in tempi di crisi. Ed ecco che il cerchio presto si ricompone. E con esso l’obiettività va a farsi friggere.
Non solo la minaccia della politica ma anche quella di grandi aziende che, come già accaduto, arrivano a minacciare di tagliare la pubblicità se solo la testata di turno osa parlare male di loro. Un quadro drammatico che ha portato a quella scarsa fiducia che gli italiani hanno nei media dimostrata dal sondaggio che abbiamo riportato. Alzi la mano chi non ha mai etichettato un giornale sostenendo “quello è di destra, quello è di sinistra…”. Ognuno quindi fa il suo gioco, chi più e chi meno chiaramente. Si pensi, ad esempio, a Il Giornale di proprietà della famiglia Berlusconi; in un quadro desolante come quello italico il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti quantomeno non nasconde al lettore la sua vera identità. Sia chiaro non è l’unico caso. Magra consolazione si dirà. Ma non sono certo i giornali militanti ad aver fatto perdere la fiducia nella stampa agli italiani, piuttosto sono quelli che cambiano spesso bandiera politica.