Camici bianchi, facce nere. Nerissime. L’istituzione della giornata nazionale per “dire grazie ai camici bianchi, fedeli angeli custodi di tutti i malati” sta provocando mal di pancia a 360 gradi. E tutto grazie alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, promotrice del disegno di legge 1795 adottato come testo-base dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. In sede deliberante, oltretutto: cioè un iter col turbo. Facce nere in Forza Italia, tanto per cominciare. Nerissima è quella di Urania Papatheu, la senatrice siciliana che, raccogliendo l’appello del regista Ferzan Ozpetek, per prima ha depositato un ddl per ricordare, il 20 febbraio di ogni anno, l’impegno e il sacrificio degli operatori sanitari italiani. A firmare il suo testo ben 33 senatori del gruppo Fi-Udc, da Mariarosaria Rossi a Licia Ronzulli, da Paola Binetti al questore Antonio De Poli.
Tutti scippati della gloria e della fama dall’intervento a gamba tesa della Casellati, che, forzista come la Papatheu ma impossibilitata a presentare personalmente un disegno di legge, ha pressato tutti i capigruppo del Senato per far loro firmare un testo da lei predisposto. Missione compiuta: ddl depositato il 7 maggio (prima firma Anna Maria Bernini, capogruppo Fi) e assegnato l’11 maggio alla commissione Affari costituzionali, dove l’esame è iniziato il 19 adottando, appunto, il testo Casellati come base. E la Papatheu? Non l’ha presa bene, come dimostra il resoconto: dopo aver rivendicato la primogenitura e negato di voler “speculare sugli episodi drammatici”, ha messo con decisione agli atti che “si rammarica, tuttavia, che alcuni soggetti” abbiano “voluto replicare la sua iniziativa originaria”.
Malmostoso pure il Pd, che pure ha sottoscritto il ddl con Andrea Marcucci: il presidente della commissione Sanità, Giuseppe Collina, ha infatti presentato un suo disegno con le firme di altri 30 colleghi, compresi l’ex ministro Valeria Fedeli, l’ex capogruppo Luigi Zanda e la vicepresidente del Senato Anna Maria Rossomando, mentre il segretario Pd della Affari costituzionali, Dario Parrini, ha sollevato il rischio di una collisione con Montecitorio: “Sarebbe opportuna una concertazione tra la Presidenza del Senato e la Presidenza della Camera dei deputati”. Già, perché anche a Montecitorio Fi era in pista per accaparrarsi la giornata sui camici bianchi e, già che ci siamo, sulle vittime dell’epidemia.
PHOTO OPPORTUNITY. Il 6 maggio, un giorno prima che il ddl Casellati atterrasse al Senato, la commissione Affari sociali della Camera si è vista assegnare la proposta di Giorgio Mulé, che il 27 marzo, ben prima della Papatheu, aveva ideato una “Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di coronavirus” così da “conservare e rinnovare la memoria di tutte le persone che sono decedute, compresi coloro che hanno contratto il virus nell’esercizio della propria attività lavorativa”. Il 28 aprile lo hanno seguito il Pd, con l’ex ministro Maurizio Martina, e la Lega, con Elena Murelli. Il 4 maggio è arrivata Stefania Mammì dei 5 Stelle. Tutti prima, appunto, della Casellati. Mulé, raccontano, non ha preso tanto bene lo scippo. E manco la capogruppo Fi Maria Stella Gelmini, che ha visto sottrarre al partito e alla Camera un’iniziativa popolare e di bella resa mediatica. A Montecitorio il presidente Roberto Fico solleverà il conflitto? Vedremo. Intanto la resa è tutta per la Casellati: che infatti passa instancabile da un’intervista a una photo opportunity e mentre gli altri litigano è l’unica che sorride, felicissima.