Pasticche, pillole e preparati adatti ad ogni uso ma tutti rigorosamente illegali. Dai farmaci per la cura dell’infertilità alle pillole anoressizzanti, dai medicinali a base di stupefacenti a vere e proprie bombe dopanti. Una sterminata sfilza di falsi e pericolosi medicinali, in uno dei tanti rivoli del cosiddetto scandalo Pharma connection, che ieri è costato la condanna di 11 persone per una pena complessiva superiore ai 100 anni. Si tratta di professionisti del settore, tra cui dottori, farmacisti e informatori scientifici, ritenuti responsabili dello scandalo portato alla luce nell’ormai più che lontano 2004.
RICHIESTE DISATTESE. Può sembrare un verdetto pesante quello emesso ieri dal tribunale di Roma ma è stata ben più lieve di quanto si potesse immaginare considerando che il 1 ottobre del 2018, durante la requisitoria del pubblico ministero Maria Teresa Gerace, per gli imputati la richiesta complessiva era stata di oltre 300 anni. Ma a decretare lo sconto di pena c’è stata la prescrizione di alcuni reati, tanto che alcuni fatti erano addirittura antecedenti al 2002, e soprattutto la concessione delle attenuanti generiche da parte del collegio giudicante della Capitale che, da sole, hanno comportato un notevole sconto di pena pari a 1/3 del totale.
SHOCK IN FARMACIA. All’epoca dei fatti questa indagine, portata avanti dai Nas e durata quasi due anni, aveva creato non poco scalpore. Non solo per la sua estensione numerica, vantando tra tutti i numerosi spin off un totale di quasi 180 indagati e 15mila false ricette, ma soprattutto perché aveva interessato quasi tutta l’Italia. Tra arresti, sequestri e perquisizioni, i militari intervennero in ben dieci regioni e in un numero indefinibile di province. Così a poco a poco i carabinieri del nucleo antisofisticazioni avevano portato alla luce il gigantesco giro di falsi preparati che venivano confezionati all’interno di avvenieristici laboratori clandestini.
Tutte le fialette, le pillole e i preparati, venivano confezionati in modo impeccabile, con tanto di etichettature capaci di ingannare anche i clienti più esperti. Ma sulla bontà delle informazioni presenti sulle etichette, c’era molto da ridire. Secondo i pubblici ministeri, infatti, non era affatto strano scoprire che su di esse venivano riportati principi attivi del tutto diversi da quelli realmente utilizzati nel prodotto finale. Senza contare che spesso questi risultavano dannosi per la salute di chi, sfortunatamente, si trovava ad assumerli.