Di Andrea Ducci per Il Corriere della Sera
Un ritardo che vale un tesoretto. La nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) sarà consegnata dal governo il prossimo primo ottobre. Un mini slittamento rispetto alla data precedente, fissata per il 20 settembre. Il rinvio è dovuto all’introduzione delle nuove regole per il calcolo del Prodotto interno lordo (Pil).
In sostanza, nelle prossime settimane l’Istat dovrà elaborare le nuove stime del Pil, utilizzando le regole statistiche del Sistema europeo di calcolo (Sec) 2010, aggiornando così quelle ormai superate del Sec 1995. Al di là delle sigle significa che per calcolare la ricchezza prodotta saranno comprese alcune voci finora rimaste escluse. Per esempio le spese in ricerca e sviluppo, considerate fino ad oggi come uscite pure anziché investimenti, le spese militari, oltre che il conteggio dell’economia illegale (stupefacenti, contrabbando e prostituzione). Un ricalcolo che devono fare tutti i Paesi europei.
Va da sé che aggiungere queste nuove voci significa fare crescere in modo significativo il Pil. Le stime per l’Italia prevedono che alla fine il governo si ritrovi in dote un paio di punti di Pil, circa 32 miliardi di euro. Un tesoretto, appunto, da tenere in conto nell’elaborazione dei fatidici rapporti tra deficit e Pil e tra debito e Pil. Per il deficit un aumento del Pil dovrebbe garantire all’esecutivo un margine di sicurezza ulteriore per scongiurare lo sforamento della soglia del 3%, stabilita da Maastricht. Quanto al debito, ci sarà un calo rispetto al livello record attuale.
Non a caso, ieri sera il ministero dell’Economia in una nota ha precisato che l’aggiornamento del Def è fissato per l’inizio di ottobre «in considerazione del termine del 22 settembre indicato dall’Istat per la diffusione dei nuovi dati annuali sino al 2013 secondo il nuovo sistema europeo di calcolo». L’utilizzo delle nuove statistiche sul Pil, basate sul Sec 2010, è secondo via XX Settembre il presupposto «essenziale per la predisposizione di un Def coerente con questa nuova metodologia di rilevazione adottata a livello europeo».
Una carta jolly, insomma, nella manica del governo. Il punto è che l’aiutino del nuovo sistema di calcolo non basterà a fare quadrare i conti. Tanto che il governo non fa più mistero di volere accelerare la cessione di ulteriori quote di Eni ed Enel.
A dirlo in modo esplicito è stato ieri il viceministro dell’Economia, Enrico Morando. «Nella nota di aggiornamento al Def sarà ribadito e rafforzato il piano pluriennale di privatizzazioni di aziende pubbliche da destinare interamente e integralmente alla riduzione del debito». L’idea più probabile è di vendere un pacchetto del 5% di ciascuna delle due società, sebbene Morando preferisca non sbilanciarsi «Le quantità saranno definite al momento opportuno».
Il viceministro ha inoltre ripetuto che le risorse per stabilizzare il bonus Irpef di 80 euro e per ridurre il carico fiscale su lavoro e imprese arriveranno dalla spending review e dall’attivazione del fondo per la riduzione delle tasse previsto dalla legge di stabilità.
Intanto oggi al ministero delle Infrastrutture si terrà una riunione con il ministro Maurizio Lupi per affinare i contenuti salienti del decreto Sblocca Italia. La bozza prevede misure su infrastrutture, grandi opere, municipalizzate, e pacchetto incentivi sulla casa. Il testo definitivo arriverà in consiglio dei Ministri il 29 agosto.