Diranno addio al Parlamento dopo anni, in qualche caso sarebbe meglio dire decenni, di “onorevole” servizio. Ma per quanto dispiaciuti di non frequentare più il Palazzo, avranno di che consolarsi. Da subito, infatti, cominceranno a incassare il vitalizio, o pensione che dir si voglia. Maturato, nella totalità dei casi, col doppio sistema: retributivo fino al 2011 e contributivo dal 1° gennaio 2012 a oggi, dopo la riforma che ha introdotto anche per gli inquilini di Camera e Senato le stesse regole previste per la generalità dei lavoratori. Almeno a parole, visto che nessun “comune mortale” può maturare una pensione dopo 4 anni, sei mesi e un giorno di lavoro, com’è invece permesso – regolamento alla mano – ai nostri deputati e senatori. Ma questo è un altro discorso. I nomi, dicevamo. Nella lista spiccano quelli due illustri esponenti del Pd, che nella loro lunga carriera hanno ricoperto incarichi di prestigio. Parliamo di Anna Finocchiaro e Rosy Bindi. Finocchiaro, classe 1955, già funzionario della Banca d’Italia e magistrata, ha messo piede per la prima volta in Parlamento nel 1987, eletta col Pci. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Lei però è rimasta sempre in sella, ricoprendo due volte l’incarico di ministro: per le Pari opportunità del Governo Prodi II e per le Riforme di quello di Gentiloni. Morale della favola, dopo 31 anni tra Montecitorio (19) e Palazzo Madama (12), Finocchiaro incasserà un vitalizio di circa 9mila euro lordi al mese.
Bye bye mediocri – Assegno leggermente più basso, invece, quello che spetta a Bindi. Era infatti il 1994 quando “Rosy”, cresciuta nella Dc, fece il suo esordio alla Camera col Ppi, per poi aderire alla Margherita e infine al Pd. Prima ministro della Sanità (Governo Prodi I), poi della Famiglia (Prodi II), infine vicepresidente di Montecitorio e presidente della commissione parlamentare Antimafia, ad aprile 2017 Bindi ha annunciato l’intenzione di dire “basta”: “Vorrei dedicarmi agli studi, tornare al mio vecchio amore per la teologia. E poi viaggiare un po’”. Il vitalizio/pensione? Circa 7.500 euro lordi al mese. Stesso importo che prenderà anche un altro deputato di lungo corso, stavolta di Forza Italia, come Antonio Martino. Tra i fondatori del partito di Silvio Berlusconi, l’ex ministro di Esteri e Difesa è entrato a Montecitorio nel ’94 e da quel momento in poi non è più uscito. Salvo decidere adesso, alla veneranda età di 75 anni, di farsi da parte. Anche perché, ipse dixit, “una volta in Parlamento c’erano persone di grande valore, ora è in mano alle masse, ai mediocri”.
Trio meraviglia – Ammonta invece a 8mila lordi al mese il vitalizio del vulcanico Carlo Giovanardi. “Ho 68 anni: nessun accanimento, bisogna sapere quando dire basta”, ha spiegato l’interessato, che tra Ccd, Udc, Pdl, Ncd e infine Idea ha passato gli ultimi 26 anni a bazzicare tra un Palazzo e l’altro, ricoprendo gli incarichi di vicepresidente della Camera, ministro per i Rapporti con il Parlamento e sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Di un assegno più magro, ma comunque di tutto rispetto, dovrà invece accontentarsi l’inedito quartetto formato da Giorgio Tonini (Pd), Vannino Chiti (Pd), Angelino Alfano (Ap) e Denis Verdini (Ala). L’importo? Intorno ai 5.300 euro lordi al mese. Tonini, che ha già fatto quattro legislature e ha deciso di non chiedere la deroga al Partito democratico, dovrà aspettare l’inizio del 2019 per cominciare a incassare la somma, visto che il 5 gennaio scorso ha compiuto 59 anni e da regolamento ne servono almeno 60. Problema che invece non si pone minimamente per il 70enne Chiti, ex ministro per le Riforme del Governo Prodi II, che ha scelto di ritirarsi dopo 17 anni di Parlamento. Decisione presa, ha rivelato, “dopo quanto avvenuto sulla legge elettorale, piovuta in Senato con un voto di fiducia: per me è stata l’ultima goccia”. L’ex delfino senza “quid” di Berlusconi di anni dovrà invece attendere di più, ben 12, visto che il 31 ottobre prossimo spegnerà 48 candeline. E Verdini? Difficilmente l’ex plenipotenziario di FI tornerà in Parlamento, anche se, conoscendo l’uomo, nulla è scontato. Dovesse andargli male, comunque, “Denis” – 67 anni il prossimo 8 maggio – si consolerà con la pensione. Sempre meglio di niente…
Il compagno Ugo – In questo discorso, poteva mancare all’appello il “compagno” Ugo Sposetti? No che non poteva. Dopo 19 anni a Palazzo anche l’ex tesoriere dei Ds oggi senatore (uscente) del Pd ha deciso che è ora di godersi il riposo. E poi, tanto, c’è il vitalizio, strenuamente difeso dall’interessato con la battaglia condotta in Senato contro la proposta di legge Richetti. Quanto prenderà Sposetti? Seimila euro lordi al mese. Davvero niente male. Anche per Linda Lanzillotta e Luigi Manconi, altri illustri esponenti del partito di Matteo Renzi, la carriera parlamentare è, per decisione propria, giunta al capolinea. Entrambi incasseranno un vitalizio che si aggira sui 3.500 euro lordi al mese. Ma mentre Manconi dovrà accontentarsi “solo” del suo, la vicepresidente del Senato potrà contare pure sull’assegno da 6.939,81 euro (netti) che incassa mensilmente suo marito, Franco Bassanini. Dovranno invece aspettare i 65 anni l’ex vicedirettore del Corriere della Sera, il senatore dem in uscita, Massimo Mucchetti (li compirà il 12 dicembre), e il grillino Alessandro Di Battista (39), che però ha chiesto la rinuncia come i suoi colleghi. Entrambi hanno maturato un assegno di quasi mille euro lordi al mese.