Il Governo non esclude che il provvedimento più incisivo finora adottato per fronteggiare l’epidemia di Coronavirus, dopo la disposizione delle zone rosse, e cioè la chiusura delle scuole e delle università in vigore da oggi fino al 15 marzo, possa essere ulteriormente prorogato. A confermarlo è stato il premier, Giuseppe Conte, dopo le accese polemiche che hanno accompagnato la decisione che lo stesso presidente del Consiglio ha definito “non facile, ma complessa e assunta con piena responsabilità e consapevolezza”. “In prossimità della scadenza – ha detto Conte riferendosi alle scuole -, con un certo anticipo per evitare incertezza, torneremo a fare un aggiornamento. In questo momento non lo so neanche io, dobbiamo sempre ragionare sull’adeguatezza delle misure”.
Un provvedimento, quello relativo alla sospensione prudenziale delle attività didattiche negli istituti scolatici e negli atenei, condiviso e ritenuto necessario sia dal Consiglio superiore di Sanità sia dall’Istituto superiore di Sanità. “E’ una misura utile, un sacrificio che serve e che va fatto” hanno detto i presidenti dei due organismi, Silvio Brusaferro (Iss) e Franco Locatelli (Css), chiarendo che i dubbi avanzati in un primo momento dagli esperti erano riferiti non all’utilità o meno della misura adottata dal Governo, bensì “alla difficoltà di quantificarne gli effetti”, perché, ha ricordato Locatelli, “ci muoviamo in un territorio totalmente inesplorato”.
Per quanto riguarda il punto sui contagi, alle 18 di oggi, ha reso noto nel corso del consueto incontro con la stampa il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli, risultano positive 3.296 persone, con un incremento di 590 pazienti in più rispetto a mercoledì e 149 i morti, 42 in più rispetto al penultimo censimento, con un primo decesso registrato a Roma (una donna cardiopatica che era ricoverata al San Giovanni). Morti che, come hanno più volte ribadito dai vertici del Dipartimento di via Ulpiano, andranno comunque confermate dagli esami compiuti dall’Iss. Rispetto al dato complessivo dei contagi: 1.790 pazienti risultano ricoverati con sintomi, 1.155 in isolamento domiciliare e 351 in terapia intensiva, pari al 10% della popolazione affetta dal virus Covid-19. Continua a cresce il numero dei pazienti guariti: 414 dai 276 di mercoledì, pari al 10,73% dei casi positivi. Le tre regioni con il maggior numero di contagi continuano a essere la Lombardia, con 1.777 casi e 98 vittime, l’Emilia-Romagna, con 658 positività e 30 vittime, e il Veneto con 380 contagi e 10 morti. Quanto ai tamponi, ne sono stati eseguiti oltre 32mila, di questi oltre 27mila nelle tre regioni più colpite.
“Non ci sono criticità nei nostri ospedali, compresi quelli della Lombardia che sono oberati di lavoro” ha assicurato Borrelli confermando che è già in atto “il piano di potenziamento delle terapie intensive e sub intensive”. Ma è ancora difficile fare previsioni sulla durata della fase più critica dell’emergenza. “Siamo partiti – ha spiegato il presidente dell’Iss Brusaferro – da una fase epidemica localizzata in due aree ristrette che erano Lombardia e Veneto. La mobilità dei cittadini ha portato in molte altre regioni ad avere piccoli focolai nati da contatti con le zone lombarde e venete. Le misure di contenimento sono necessarie – ha concluso l’esperto dell’Istituto superiore di Sanità – ma è altrettanto importante come ci comportiamo. E’ importante che nessuno si senta immune e ognuno si senta coinvolto nell’adottare misure che aiutino a contenere i contagi. Bisogna adottare queste misure come standard. L’attenzione verso queste misure è molto importante”.