Conte non cede ai rigoristi. Non ci sarà un altro lockdown. A insistere per una stretta i virologi con il Pd. Ma anche il ministro Speranza e i governatori di mezza Italia

Conte resiste. Pressato dai virologi, dai dem e dal ministro della salute Roberto Speranza, che chiedono misure più dure per contrastare la seconda ondata del Covid, e alle prese con le fughe in avanti di diverse Regioni, dalla Lombardia alla Calabria, fino a quelle del governatore campano Vincenzo De Luca che chiede di chiudere nuovamente tutto in tutta Italia, il presidente del Consiglio non cede a un nuovo lockdown generalizzato. Giuseppe Conte sa di dover tutelare tanto la salute degli italiani quanto l’economia, che sta iniziando adesso a riprendersi.

LA LINEA. Dopo aver scartato l’ipotesi di una nuova chiusura intervendo alle Camere, il premier ieri, in collegamento con il Festival del Lavoro, ha ribadito che va scongiurato un secondo lockdown. “Per questo rimaniamo vigili e pronti a intervenire dove necessario”, ha sottolineato. Il presidente del Consiglio ha poi assicurato di condividere la crescente preoccupazione per l’aumento dei contagi in questi giorni, ma anche aggiunto che va contenuto il contagio puntando a evitare l’arresto dell’attività produttiva e lavorativa, come pure la chiusura delle scuole e degli uffici pubblici. “Siamo consapevoli delle difficoltà delle aziende, dei lavoratori, in particolare quelli autonomi e i liberi professionisti, degli enormi sforzi compiuti per riorganizzare tempi e spazi luoghi lavoro – ha affermato Conte – L’esperienza di questi mesi ci ha dimostrato che tutelare prioritariamente la salute consente di difendere meglio, più incisivamente anche il tessuto produttivo del paese”.

Ha quindi evidenziato che il Governo ha in cantiere una riforma fiscale ampia, anche a beneficio dei lavoratori autonomi e una complessiva degli ammortizzatori fiscali, volta a rendere più semplici e universali gli strumenti di sostegno al reddito. “È un disegno – ha detto – che prelude ad un investimento più grande, un piano di crescita strategico a cui l’Italia sta lavorando: il Recovery Plan. Serve una nuova etica del lavoro dove non abbiano più asilo parole come sfruttamento, precarietà e disuguaglianza, in cui sviluppo e tutela ambiente siano in sinergia. Portare avanti lavoro e dignità, al centro del nostro agire civico prima ancora che di quello politico ed economico”. Il lavoro dunque come priorità dopo mesi di sofferenza. “Quando lo stato e le istituzioni non hanno rispetto per il lavoro e le condizioni in cui si svolge, allora deve sopraggiungere la vergogna. Il nostro dovere è rispettare ogni donna e ogni uomo dando loro la dignità e gli strumenti idonei per realizzare, attraverso il lavoro, il sostegno attivo al benessere della comunità”, ha concluso il presidente del Consiglio.

GLI ALLEATI. Una posizione in cui il premier non è solo. Ieri infatti anche il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha sostenuto che c’è un fortissimo coordinamento tra Governo e presidenti delle Regioni per intervenire in maniera puntuale cercando di evitare un nuovo lockdown. “Siamo intervenuti già con 105 miliardi di euro e nella legge di bilancio del prossimo anno ci saranno altri 40 miliardi. L’importante è non spegnere l’economia e avere massima attenzione”, ha precisato. Posizioni condivise dal governatore dell’Emilia Romagna e presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini: “Siccome non ci possiamo permettere un nuovo lockdown generale credo che bisogna sapere selezionare tra attività indispensabili e quelle che lo sono un po’ meno e su queste provare a prendere decisioni”.