Caso Regeni, l’Egitto vieta ai testimoni di presentarsi al processo in corso in Italia

Nessuna collaborazione giudiziaria da parte dell'Egitto riguardo il caso della morte del ricercatore Giulio Regeni.

Caso Regeni, l’Egitto vieta ai testimoni di presentarsi al processo in corso in Italia

Nessuna collaborazione giudiziaria da parte dell’Egitto riguardo il caso di Giulio Regeni. In una nota della Procura generale del Cairo trasmessa al nostro minisitero degli esteri si afferma che è “impossibile eseguire le richieste di assistenza giudiziaria” per fare ascoltare in udienza i testimoni che erano stati convocati per oggi.

Nessuna collaborazione giudiziaria da parte dell’Egitto riguardo il caso della morte del ricercatore Giulio Regeni

La comunicazione ufficiale è stata resa nota nel corso dell’udienza nel processo in cui quattro 007 egiziani sono imputati di aver sequestrato, tortura e ucciso il ricercatore friulano Giulio Regeni. È stata vana l’attesa per il rappresentante del sindacato degli ambulanti, Said Abdallah; così come per la coordinatrice di un Centro per i diritti economici e sociali, Hoda Kamel Hussein; oltre che per la docente Rabab Ai-Mahdi che faceva da tutor a Regeni sul posto.

La Procura: “I testi non hanno scelto liberamente di non essere qui”

In ragione di queste oggettive assenze il procuratore aggiunto, Sergio Colaiocco, ha chiesto alla Corte d’Assise di poter acquisire le testimonianze dei testi, che sono state verbalizzate nel corso delle indagini. “Siamo in presenza di testi che non hanno scelto liberamente di non essere qui. Le abbiamo tentate tutte per potare i testi qui”, ha detto il magistrato.

“Nonostante tutto l’impegno profuso dalla procura e nonostante le richieste formali che sono state poste in essere dalla Farnesina risulta innegabile l’ostruzionismo egiziano che pare a questo punto insormontabile ed anche per le argomentazioni che abbiamo sentito dal pubblico ministero, è del tutto illegittimo” ha detto l’avvocato Alessandra Ballerini, difensore di parte civile per la famiglia Regeni, dopo l’udienza di oggi nell’aula bunker di Rebibbia.

“Quindi il problema è l’ostruzionismo egiziano. Chiaro che chiunque dice che c’è collaborazione sta mentendo. Ed oggi ne abbiamo avuto le prove” ha aggiunto l’avvocato Ballerini. “Grazie a Pif e Stefano Accorsi che hanno prestato le loro voci. Il video visto oggi ci dice tantissime cose, ci dice che Abdallah era un agente provocatore, che ha provato a far cadere Giulio in continui tranelli. Ci dice la purezza di Giulio ed anche il suo lato accademico. Ci dice in fondo una assoluta incomunicabilità tra i due, non solo perché parlano due lingue diverse. Abdallah voleva incastrare Giulio e consegnarlo alla National Security”, ha continuato la penalista.

“Voglio che il sindacato possa tirare fuori dei guadagni e io sono in Egitto solo per la ricerca e non decido sui soldi”

“Voglio che il sindacato possa tirare fuori dei guadagni e io sono in Egitto solo per la ricerca e non decido sui soldi”. Così ha detto Giulio Regeni la sera del 7 gennaio 2016, parlando con il rappresentate del sindacato degli ambulanti del Cairo, Said Abdallah, che con una telecamera nascosta nella camicia ha ripreso il dialogo con il ricercatore friulano. Oggi quel video, nella sua interezza, è stato fatto vedere in aula, nell’ambito del processo a carico di quattro 007 egiziani accusati di aver sequestrato, torturato ed ucciso Giulio.

Il lungometraggio, di oltre due ore, tutto in soggettiva circostanzia i contatti tra Abdallah e gli agenti della National Security prima e dopo l’incontro con Regeni. Al centro del dialogo tra il sindacalista e lo studioso dell’università di Cambridge è il progetto da 10 mila sterline finanziato dalla fondazione britannica Antipode e che era stato individuato da Giulio. “Cosa sarebbe questa proposta – interroga Abdallah – non capisco di cosa si tratta. L’unica cosa che capisco è che ci sono 10 mila sterline. Bisogna stare attenti per non finire in galera”. Regeni risponde che i soldi devono essere “investiti in qualche progetto, qualsiasi progetto non governativo ma affidato ai privati”.

Quando Abdallah aggiunge ‘Bisogna stare attenti a parlare di queste cose perché si finisce in galera’ sembra quasi voglia avvertire il suo interlocutore. Ma pochi minuti dopo lo stesso Abdallah chiama uno degli 007, imputato nel processo e spiega: “Ho parlato con il ragazzo, ho paura che il video potrebbe cancellarsi, ditemi cosa devo fare. Vengo da voi”.