La data è stata già fissata. Giovedì 11 luglio il Vaticano riaprirà due tombe del Cimitero Teutonico per fugare ogni dubbio sulla presenza, nel camposanto interno alla Santa Sede, dei resti di Emanuela Orlandi, la 15enne cittadina vaticana scomparsa nel nulla trentasei anni fa. Il promotore di giustizia del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Gian Piero Milano, e il suo aggiunto, Alessandro Diddi – ha fatto sapere oggi la stessa Santa Sede – hanno disposto l’apertura delle due tumulazioni nell’ambito delle indagini avviate dalle autorità vaticane in seguito alla denuncia presentata a marzo dai familiari della Orlandi.
L’indicazione di guardare all’interno di quella tomba era arrivata, infatti, all’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia della 15enne, contenuta in una lettera recapitata la scorsa estate, con allegata la foto della lapide e l’invito, esplicito, a cercare “dove indica l’angelo”. Dalle indagini difensive, condotte dallo stesso legale, era successivamente emerso che la tomba era stata aperta almeno una volta e che la datazione della statua è diversa da quella della lastra che copre la sepoltura. A detta della famiglia, inoltre, alcune persone sarebbero da anni a conoscenza che i resti della studentessa si troverebbero proprio lì, nascosti nel Cimitero Teutonico.
Le operazioni, ha spiegato in una nota la Sala stampa vaticana, si svolgeranno alla presenza dei legali delle parti (oltre che dei familiari di Emanuela Orlandi e dei parenti delle persone seppellite nelle tombe interessate), con l’ausilio tecnico del medico legale Giovanni Arcudi, docente dell’Università di Tor Vergata, e del comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani. Le autorità pontificie, pur non avendo giurisdizione sul caso Orlandi (la scomparsa della ragazza è avvenuta oltre i confini delle mura leonine), negli ultimi mesi hanno svolto “approfondimenti tesi a ricostruire le principali tappe giudiziarie di questo lungo doloroso e complesso caso”. Quanto sarà rinvenuto all’interno delle due sepolture sarà sottoposto ad analisi peritali, necessarie per stabilire la datazione dei resti, ma, soprattutto, per estrarre un campione di Dna da comparare con quello della 15enne.
“Siamo contentissimi, veramente soddisfatti. Vorrei porgere il mio grazie più sentito per il coraggio al Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin”, ha commentato all’Ansa l’avvocato Sgrò. “Sicuramente da parte sua c’è stato tanto coraggio nell’apertura di questa indagine e nella decisione di aprire le tombe” ha aggiunto il fratello della Orlandi, Pietro, riferendosi all’impulso impresso dal Segretario di Stato vaticano. “Sono davvero contento di questo impegno. Speravo – ha aggiunto Pietro Orlandi – che il fatto di non aver sentito nessuno negli ultimi tempi volesse dire che stavano silenziosamente lavorando. Questa volontà di indagare è mancata per anni e sono felice che ora, invece, si voglia approfondire. Vedremo che cosa succederà, io nemmeno sapevo fossero due le tombe. Questo vuol dire che la cosa è organizzata bene, stanno lavorando davvero”.
Nei mesi scorsi altri resti ossei, rinvenuti nella sede della Nunziatura apostolica di via Po a Roma durante alcuni lavori di ristrutturazione, erano stati attribuiti alla Orlandi ma le successive analisi disposte dalla Procura hanno accertato che appartenevano a un uomo vissuto tra il 90 e il 230 dopo Cristo.