Ripartire dalle idee, non dalle “figurine”. Ma senza tirare in ballo la logica dell’Ulivo, come ha fatto ieri – su Repubblica – Nicola Zingaretti. E poi, ancora, non aprire a ipotesi di Governo col M5s anticipando decisioni e discussioni che dipendono da Mattarella. Sandra Zampa, deputata uscente (non rieletta) del Pd, di cui è stata vicepresidente, nonché storica portavoce di Romano Prodi, ha le idee chiare nell’analizzare con La Notizia la débâcle subita dal partito alle Politiche di domenica scorsa.
Zampa, è stata la logica ad excludendum la causa scatenante della vostra sconfitta?
“La divisione ha molto pesato ma non credo che tutto sia figlio solo dell’assenza di unità. Certo, ci siamo presentati senza una coalizione né un programma condiviso…”.
Renzi è l’unico responsabile?
“La crisi del Pd nasce da molto prima di lui. Certamente, il modo in cui il segretario ha gestito il partito da dopo il referendum ha solo aggiunto benzina sul fuoco. Abbiamo passato una campagna elettorale a parlare dei grillini…”.
Tutti sul banco degli imputati, quindi.
“Quando si prende una batosta così la responsabilità è condivisa, a cominciare da chi ricopre ruoli di vertice sui territori. La nostra gente stava da una parte e noi siamo andati dall’altra. A Bologna qualcuno ha detto che è andata bene, talmente bene che abbiamo perso il 15% nei quartieri più popolari considerati ‘rossi’ per antonomasia. È stato un terremoto”.
Per Zingaretti andrebbe rilanciata “l’ambizione” dell’Ulivo, “lo spirito innovativo” e inclusivo. Concorda?
“L’Ulivo è alle nostre spalle, la sua esperienza si è conclusa con la nascita del Pd. Mi sembra di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati”.
Una bocciatura su tutta la linea, quindi?
“Guardi, l’idea di allargare il perimetro a tutte le forze di Centrosinistra è solo uno dei punti all’ordine del giorno. Insieme a ciò, vanno ripensati progetti e linguaggi. Va ripensato il rapporto col nostro popolo”.
Va ripensato il Pd, che pure Prodi dice non essere finito, a cominciare magari proprio dal nome?
“Non è una questione di denominazione. Penso che il vero Pd non abbia mai visto la luce e che di aggiustamento in aggiustamento lo abbiamo sepolto. Se possa rinascere non lo so, vedremo”.
Le figure che fino a questo momento sono state indicate come possibili guide, da Zingaretti a Chiamparino, da Gentiloni a Calenda, la soddisfano?
“Più che da figure o figurine, se vorrà il Pd dovrà ripartire dalle idee, dalla partecipazione. Dall’apertura alla società, dall’ambizione al riformismo. Senza slogan. Tutti elementi che ci distinguevano dagli altri ma che purtroppo abbiamo dimenticato, abbandonato”.
Quindi come se ne esce?
“Cominciando a discutere tra noi compreso il modo in cui il Pd pensa alla partenza di un Governo, ferma restando l’odierna collocazione all’opposizione e l’impossibilità di entrarvi attivamente all’interno. È ridicolo parlare di questo prima che il capo dello Stato abbia dato segnali su cosa voglia fare. Se il M5s, col quale le incompatibilità sono gigantesche, volesse dialogare con noi, dovremmo pretendere un confronto in streaming. Dettare noi le condizioni e poi, guardando al caso tedesco, fare un referendum fra gli iscritti”.
Twitter: @GiorgioVelardi