Pare proprio che non ci sia pace in Regione Lombardia. Dopo le critiche piovute addosso sulla gestione dell’emergenza e le inchieste scoppiate sia sui test seriologici (costati due milioni di euro alle casse pubbliche) e sulle mascherine (altri otto milioni), è ancora una volta sui Dispositivi di Protezione Individuale che l’amministrazione guidata da Attilio Fontana rischia l’ennesimo capitombolo. L’ultima novità arriva dopo un accesso agli atti compiuto da uno dei più combattivi consiglieri regionali, il capogruppo del Movimento cinque stelle Marco Fumagalli (nella foto). Secondo quanto denunciato dal pentastellati, “la Regione ha acquistato 18 milioni di mascherine Fippi per una spesa complessiva pari a circa 8 milioni di euro e alla data odierna queste mascherine giacciono in magazzino per un quantitativo di ben 14,5 milioni”.
UN INUTILE SPRECO? La domanda – di Fumagalli e a questo punto non solo la sua – sorge spontanea: “Dando per scontato che le mascherine siano idonee ad un uso quotidiano e non siano ‘carta igienica’, come volgarmente l’assessore Gallera identificava delle altre mascherine ricevute dalla Protezione Civile, mi chiedo per quale motivo queste mascherine dal costo di 0,45 centesimi non vengano distribuite alla popolazione o vendute nelle farmacie?”. Per quanto non siano iper-protettive, infatti, potrebbero essere Dpi impiegati quantomeno per fare la spesa, andare a passeggio, fare la spesa, in metropolitana e nei luoghi di lavoro. “A meno di – aggiunge Fumagalli – una truffa nei confronti della Regione”. Difficile, infatti, non ritenere che il fatto che le mascherine siano lasciate nei magazzini sia un inutile spreco di risorse, “mentre potrebbe essere opportuno, almeno una parte, venderle a prezzo di costo alle farmacie in modo da rifornire la popolazione”. Insomma, conclude ancora Fumagalli, “questa giacenza nei magazzini odora dell’ennesimo ‘flop’ di Regione Lombardia, dopo l’incredibile figuraccia dell’Ospedale Fiera”.
L’INCHIESTA VA AVANTI. Che possa esserci dietro una truffa è ipotesi che, d’altronde, frulla anche nella testa degli inquirenti che proprio pochi giorni fa hanno aperto un’inchiesta sulle mascherine Fippi per cui sono ipotizzati i reati di truffa e frode nelle pubbliche forniture a carico di ignoti. Nell’esposto da cui è partita l’indagine si parla di “inidoneità e, quindi, pericolosità del presidio”, giudizio dato da coloro che lo hanno provato “sul campo”. Come si legge nell’esposto le mascherine “ non appaiono funzionali allo scopo protettivo, né del paziente né dell’operatore sanitario e/o medico, sotto il profilo anatomico e dinamico” il che comporterebbe rischi di contagi. “A quanto consterebbe – prosegue l’esposto – non solo alcuni singoli operatori sanitari ma addirittura alcune strutture ospedaliere destinatarie delle forniture” di tali presidi, come l’ Ospedale di Busto Arsizio e Niguarda, “hanno ritenuto preferibile non fare utilizzare per nulla le mascherine ai propri operatori sanitari e/o medici”. E, dunque, dall’accesso agli atti sembrerebbe proprio che il dubbio formulato nell’esposto sia reale. Con un dispendio di risorse pubbliche tanto incredibile quanto inutile.
TUTTO TACE. Anche questo tema, probabilmente, verrà affrontato – in ambito politico – e sviscerato nella commissione d’inchiesta Covid-19 chiesta a gran voce dal Movimento cinque stelle, ma in attesa che si sblocchi la situazione di stallo restano alcune domande a cui, specie l’assessore alla Sanità Giulio Gallera, ancora serve una risposta. Sempre Fumagalli il 6 aprile depositava un’interrogazione riguardante la “attuazione e aggiornamento del Piano Pandemico Regionale”. Dato che a a due mesi dal deposito dell’interrogazione nessuna risposta era pervenuta, come da regolamento Fumagalli ha chiesto che l’assessore Gallera andasse in commissione Sanità a rispondere all’interrogazione. Ma “è evidente che la maggioranza non vuole affrontare temi spinosi come questo e che la sede in cui discuterne, cioè la commissione di inchiesta, sempre per volontà della maggioranza non si costituisce regolarmente. A questo punto non mi resta che richiedere, con rammarico, la risposta in commissione Sanità”. Sperando che Gallera – o chi per lui – si decida ad affontare la questione.