Una serie di procedure burocratiche per chiedere il bonus bebè. Che talvolta diventa una corsa a ostacoli giustificata solo dal raggiungimento dell’obiettivo: una cifra variabile tra gli 80 e i 160 euro al mese, sulla base del reddito. Peccato, però, che dall’inizio del 2017, anche 7mila famiglie che possiedono i requisiti per ricevere quei soldi non hanno visto un centesimo. E sono costrette ad aspettare quel che gli spetta per legge. Un andamento di controllo lento, visto che il termine per la presentazione della domanda scadeva il 15 gennaio, ottemperando a tutte le richieste avanzate. E quindi da febbraio sarebbe dovuto arrivare il bonifico. L’Inps, interpellato da La Notizia, ha spiegato: “Le richieste già liquidate sono 280.000, i pagamenti delle ultime 7.300 domande rimanenti saranno disponibili la prossima settimana”. E sui motivi dei ritardi l’Istituto ha puntualizzato: “Abbiamo dovuto controllare tutta la documentazione Isee”.
Come funziona – La misura fu sbandierata da Matteo Renzi, allora presidente del Consiglio, come sostegno alle politiche per la natalità. Per svelare la novità, scelse lo studio di Barbara D’Urso. Insomma, una norma fortemente voluta dal Governo. Almeno sulla carta, visto che poi nel concreto si sta verificando più di qualche intoppo. Ma come funziona il bonus bebè? L’assegno di natalità, nome ufficiale della misura, è un sostegno statale per ogni figlio nato o adottato tra l’1 gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, da corrispondere ogni mese fino al terzo anno di vita del bambino, oppure fino al terzo anno dall’ingresso in famiglia del figlio adottato, a favore dei nuclei familiari. Per accedere al bonus di 80 euro la famiglia deve avere un Isee inferiore a 25mila euro annui. Mentre nel caso in cui il valore dell’Isee sia al di sotto dei 7mila euro annui, l’assegno sale a 160 euro al mese. Certo, l’Inps presieduto da Tito Boeri provvederà a saldare il conto. Perché gli stanziamenti sono previsti. Ma sul problema dei ritardi il deputato della Lega Nord, Davide Caparini, ha chiesto un chiarimento al ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti. Il parlamentare del Carroccio ha infatti depositato un’interrogazione alla Camera, mettendo in risalto un elemento dell’eccessiva burocratizzazione. La domanda va infatti presentata ogni anno e chi non rispetta i tempi, perde l’assegno: “Se una famiglia ha un figlio per tre anni la situazione non cambia. Per facilitare si dovrebbe fare al contrario: se ci fossero dei cambiamenti, che portano a un riesame del beneficio, si dovrebbe presentare una documentazione. Invece no”. E Caparini ha sottolineato un’altra questione: “Teniamo presente che le famiglie non sono sempre informate sulle pratiche online. Quindi, per timore di sbagliare, devono affidarsi a persone esterne, andando a un Caf, facendo la fila. Alla fine questo diventa un incubo, tanto che in alcuni casi non riescono a rispettare i tempi perdendo i benefici”. Oltre il danno, c’è anche la beffa.