Sarà un’altra estate di passione per Silvio Berlusconi, esattamente come quella passata. Un’altra stagione di fuoco caratterizzata da quei nodi giudiziari per troppo tempo allontanati e ora venuti al pettine. Il 1 Agosto 2013 la sezione feriale della Corte di Cassazione, confermò la condanna dell’ex premier a 4 anni per frode fiscale in riferimento al caso Mondadori. Una mazzata che ha sancito l’inevitabile allontanamento di Berlusconi da quell’agone politico che lo ha visto giocare nel ruolo di centravanti di sfondamento per vent’anni di storia italiana. Ma è l’esito del processo Ruby che Berlusconi teme di più. Se le cose andranno nel modo sbagliato per il leader del centrodestra la sua parabola sarà definitivamente conclusa. Ieri a Milano è iniziato l’appello di un giudizio che sta letteralmente terrorizzando Berlusconi. È il primo, infatti, che affronta in una veste scomoda: quella di condannato. L’ex premier sta scontando ancora i dodici mesi di affidamento ai servizi sociali conseguenti alla sentenza Mediaset. Una condizione che lo esporrebbe, laddove la condanna a sette anni in primo grado per il Rubygate dovesse essere confermata in appello e poi in Cassazione, a conseguenze disastrose. Gli eventuali sette anni di condanna per concussione e prostituzione minorile (sono questi i capi d’accusa contestati al presidente di Forza Italia) si andrebbero ad aggiungere ai mesi residui che Berlusconi deve ancora scontare a Cesano Boscone. Non solo, potrebbero anche essere revocati i servizi sociali costringendo Silvio a scontare l’una e l’altra condanna ai domiciliari (previsti per i detenuti della sua età). Ma i guai non finirebbero qui. La sentenza Ruby, se negativa, revocherebbe di diritto anche quell’indulto che copre tre anni di condanna per Mediaset. DI conseguenza gli anni da passare ai domiciliari non sarebbero più sette ma dieci. Berlusconi, insomma, che di anni ne ha 78, finirebbe di scontare la sua pena a quasi novanta anni. Il Cavaliere sa, quindi, che se le cose si dovessero mettere male per lui non ci sarebbe più speranza di fare politica. Per questo, negli ultimi giorni, il suo staff legale sta lavorando duramente per cercare di ribaltare il verdetto di primo grado, se non in appello almeno in Cassazione. A Milano Berlusconi è difeso dagli avvocati Franco Coppi e Filippo Dinacci, due principi del foro. I tempi della sentenza potrebbero essere piuttosto brevi. I giudici della seconda sezione penale della Cda meneghina si riuniranno in camera di consiglio il prossimo 18 Luglio. Il tempo di rivedere tutte le carte e arriverà la sentenza. La linea scelta dai difensori contesta la decisione del tribunale di primo grado da diverse angolature, a partire dal merito. Secondo gli avvocati non vi sarebbe alcuna prova che Ruby sia stata “destinataria di ingenti somme di denaro” salvo quelle donate per mero “spirito di liberalità”. La sentenza di condanna è stata impugnata anche nella parte in cui determina in sette anni la pena da scontare. La difesa, infatti, ritiene che l’età di Berlusconi e il ruolo politico svito in questi anni avrebbero diruto portare a una misura più blanda. Infine, in riferimento al presunto incontro tra Ruby e l’avvocato Luca Giuliante dell’Ottobre 2010 non ci sarebbero, secondo i difensori di Berlusconi, prove che l’ex premier si sia attivato per ottener un inquinamento probatorio. Questi i motivi principali dell’appello presentato da Silvio. Non ci sarà invece il trasferimento del procedimento a Brescia. L’ipotesi è stata smentita ieri da Coppi. “Non abbiamo preso in esame alcuna possibilità di un’istanza di rimessione”, ha spiegato l’avvocato. Coppi ha anche detto che Berlusconi sarà in aula solo se la sua presenza sarà “utile” per il processo.
Berlusconi ultimo atto
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Quando gli sarà arrivata la notizia che i giudici di Napoli stanno pensando di processarlo per oltraggio alla corte Silvio Berlusconi avrà pensato a come passa il tempo. Sono lontani i giorni in cui l’ex presidente del Consiglio era il protagonista indiscusso della politica italiana e non solo. Quello, per capirsi, che poteva permettersi di attaccare magistratura e corte Costituzionale e, nel contempo, di governare il Paese. Forse memore di quei tempi giovedì, mentre veniva sentito come testimone durante il processo contro Valter Lavitola, ha ringhiato nuovamente contro i giudici come nei giorni di gloria. “La magistratura in Italia – ha sbottato all’improvviso in aula – è incontrollabile, irresponsabile e gode di una piena immunità”. Già, l’immunità .Quella di cui l’ex capo del governo non può più giovarsi da diversi mesi. Da quanto l’espulsione dal Senato conseguente alla sentenza Mondadori lo ha trasformato in un cittadino qualunque, condannato a scontare la sua pena. Un cittadino che non può permettersi tra l’altro di rivolgersi ai giudici con quelle parole. Ieri, forse, avrà finalmente capito che la sua storia è cambiata e volge al tramonto. I giudici di Napoli stanno, come si diceva, valutando la possibilità di giudicarlo per oltraggio. Lunedì verrà presa una decisione. E le conseguenze del comportamento in aula dell’uomo di Arcore potrebbero non finire qui. Il procuratore Giovanni Colangelo, e i pm Vincenzo Piscitelli e Henry John Woodcock, esamineranno il verbale dell’udienza – la cui trascrizione sarà disponibile a inizio settimana – e prenderanno in considerazione anche l’eventuale trasmissione del verbale al Tribunale di Sorveglianza di Milano. Lo stesso che sta seguendo l’affidamento ai servizi sociali di Berlusconi per la sentenza Mediaset e che gli aveva imposto di togliersi il vizio di offendere i magistrati. Una mazzata dietro l’altra per il Cavaliere spodestato. In attesa di quella sentenza sul caso Ruby che potrebbe definitivamente farlo passare dalle prime pagine dei giornali ai libri di storia. E anche da un punto di vista politico non è che le cose vadano bene per Silvio. Forza Italia continua a essere un partito in crisi d’identità. Le elezioni europee sono state deludenti e hanno tirato fuori problemi per troppo tempo nascosti dietro l’onnipotenza e onnipresenza del leader. Finiti, anche qui, i tempi in cui bastava che Berlusconi parlasse per recuperare dieci punti nei sondaggi. E finiti anche quelli in cui Silvio si prendeva l’onere di aprire il portafoglio, quando le casse del partito piangevano. Game over, signori. E i risultati si sono visti. Chiusa l’epoca delle vacche grasse si ricorre alla raccolta fondi tra militanti e simpatizzanti. Chiusa quella del capo supremo ci si interroga su chi debba prenderne il trono. E per un cerchio magico che spera nell’immortalità di Berlusconi c’è un Fitto che lo ringrazia per il lavoro svolto in 20 anni e gli chiede, garbatamente, di farsi da parte.
E in tutto questo Silvio che fa? Come tutti gli uomini abituati al comando e al mito di sé stesso non si arrende nemmeno davanti all’evidenza. Così ha deciso di giocarsi l’ultima carta, quella di partecipare al processo riformatore. Vero, sono i numeri conquistati alle ultime elezioni politiche (quando c’era ancora il Pdl) che gli permettono di essere il principale interlocutore di Matteo Renzi all’interno dell’opposizione. Ma c’è, di fondo, il desiderio di tornare protagonista del panorama politico, magari con un ruolo più da comprimario. Anche perché spostare Renzi dal centro della piazza è impossibile. Di certo però Silvio aborre l’idea che a chiudere la trattativa con il Pd sia (con tutto il rispetto) un Paolo Romani qualunque. Vuole essere lui a stringere per la seconda volta la mano al presidente del Consiglio. Così si profila a breve un nuovo incontro tra i due per mettere tutto nero su bianco e dare il la alle riforme. Riforme che non comprenderanno, almeno per il momento, il presidenzialismo, chiesto a gran voce da Berlusconi. “È inopportuno parlarne ora” ha detto Renzi e Silvio non ne ha parlato più. La road map è tracciata: Italicum e Senato. Il resto, semmai, verrà discusso in un secondo momento. Sono finir anche tempi degli aut aut e degli ultimatum E forse questo è davvero il canto del cigno per Berlusconi.