“La soluzione contenuta nell’emendamento sulla prescrizione, è una soluzione che condivido, che peraltro ci allineerebbe ad altri ordinamenti europei. E come me molti colleghi”. Il gip di Palermo, Piergiorgio Morosini, consigliere togato uscente del Csm, da sempre in prima linea nella lotta alla mafia e gup nel processo sulla trattativa Stato-Mafia, non ha dubbi. “Quando al Csm ci occupammo del parere per la riforma Orlando del processo penale, che non prevedeva questo tipo di soluzione, formulammo una proposta alternativa che era molto simile a quella avanzata ora dal M5S. Tuttavia, dovrebbe essere affiancata da altre norme che in qualche modo garantiscano una durata ragionevole dell’Appello e della Cassazione”.
Quali sono a suo avviso le debolezze del provvedimento M5S sulla prescrizione?
“C’è un primo punto di vista, che è quello adottato dall’emendamento, che mira a rendere il processo efficiente, cioè fatto per accertare dei reati, per ascrivere delle responsabilità e per irrogare delle sanzioni. Una disciplina della prescrizione con tempi troppo contenuti può pregiudicare questa forte esigenza dello Stato. I cittadini delegano l’esercizio della forza proprio per non farsi giustizia da soli. Il fatto di avere un processo che porta, alla fine, a una decisione nel merito è un’esigenza forte”.
Non sempre, però, lo Stato ci è riuscito.
“Abbiamo avuto, in passato, in fatto di prescrizioni, delle vicende davvero mortificanti per le vittime”.
Qualche esempio?
“Il processo Eternit si è concluso in Cassazione con una dichiarazione di prescrizione. La stessa cosa è valsa per altri procedimenti che riguardavano disastri ambientali. Ci fu l’indagine della Procura di Napoli ‘Cassiopea’, sul tema delle discariche abusive nella terra dei fuochi, anche quello si è concluso con una prescrizione. Anche per alcuni falsi in bilancio o per false comunicazioni alla Banca d’Italia”.
Quale impatto potrebbe avere la soluzione proposta dal Movimento Cinque Stelle?
“L’emendamento va in questa direzione: assicurare un processo che arrivi ad una decisione nel merito. E’ anche vero, però, che esiste un diritto dell’imputato a non essere sotto processo all’infinito, soltanto che nel nostro ordinamento, a partire dalla legge ex Cirielli, quindi dal 2005 in poi, la prescrizione è stata usata come un farmaco di emergenza per una malattia cronica del nostro processo, che è la lentezza”.
Quindi sarebbe meglio agire prima sulla durata dell’Appello e del giudizio di Cassazione?
“Dobbiamo trovare dei meccanismi legislativi che comportino dei tempi contingentati sia per la trattazione del processo d’Appello che per la fase della Cassazione. Serve un meccanismo per cui quest’ultime due fasi debbano svolgersi necessariamente entro un tempo limitato”.
E’ praticabile?
“Lo è nella misura in cui il sistema abbia una sua razionalità. Ora è ipertrofico: abbiamo tantissimi reati che potrebbero essere depenalizzati”.
C’è il rischio che l’emendamento, così com’è, allunghi la durata del processo anziché ridurla?
“Se dalla sentenza di primo grado non si potrà più dichiarare la prescrizione potrebbero allungarsi i tempi perché i giudici che si occuperebbero del processo nelle fasi di Appello e di Cassazione non avrebbero più la mannaia della prescrizione sulla testa”.
Siamo passati dal 14% di prescrizioni del 2004 al 9% del 2014: è davvero urgente una modifica?
“Molti procedimenti si prescrivono nella fase delle indagini preliminari. Però abbiamo assistito a processi, anche clamorosi, connotati da approfondimenti tecnici molto laboriosi, che si sono prescritti. Fatti che difficilmente possono essere accettati dalle vittime dei reati e dall’opinione pubblica. Per cui si rischia di avere un effetto di non credibilità della risposta giudiziaria”.
Condivide le preoccupazioni delle vittime del disastro di Rigopiano o della strage di Viareggio?
“E’ un tema antico. Non lo scopriamo con questa legislatura. Sappiamo da anni che c’è una difficoltà a trovare una soluzione di sintesi. Credo che da una parte guardando al fenomeno della corruzione e dall’altro guardando al fenomeno dei disastri ambientali abbiamo degli esempi di accertamenti processuali particolarmente laboriosi che sulla base dei termini previsti attualmente per la prescrizione rischiano di rimanere delle pagine giudiziarie monche che si traducono in vere e proprie ingiustizie sulla pelle delle vittime dei reati”.