Se non è un ricatto, poco ci manca. In assenza di un dietrofront sulla revoca dell’immunità penale concessa negli anni passati a chi gestiva l’Ilva di Taranto, il 6 settembre prossimo l’attuale proprietà chiuderà lo stabilimento. La data non è casuale, ma coincide proprio con il giorno in cui entrerà in vigore la legge che ha abolito questa incredibile immunità, cioè un’intollerabile sospensione del diritto limitata a un unico soggetto industriale. Cose che in un Paese normale non potrebbero mai accadere, ma che da noi non solo sono avvenute, ma trovano persino adesso la copertura dei sindacati. Ora che però lo Stato dice basta, ecco che l’amministratore delegato di ArcelorMittal Europa, Geert Van Poelvoorde, pone ruvidamente le sue condizioni. “Il Governo – ha detto – continua a sostenere di non preoccuparci, che troverà una soluzione, ma finora non c’è niente. Quindi il 6 settembre l’impianto chiuderà. Abbiamo ancora due mesi, spero che si trovi una soluzione, siamo aperti a discutere”. Nell’attesa però il colosso indiano-francese mette 1.400 dipendenti da lunedì prossimo in cassa integrazione di tredici settimane. Arcelor-Mittal, che conta 76 milardi di fatturato e 209mila dipendenti in tutto il mondo, giustifica questa procedura con la minor domanda d’acciaio determinata dal rallentamento dell’industria dell’auto. Il problema però si incrocia con le politiche dei dazi americana e il basso costo di produzione dell’industria cinese, che rendono l’acciaio europeo più costoso e quindi meno competitivo.
AMBIENTE MASSACRATO. Solo aver ripristinato le regole mette così lo Stato di fronte a una scelta insopportabile se si considera che un privato – per quanto potentissimo – pretende di forzare le leggi di un Paese sovrano con uno scudo su norme ambientali importantissime in un’area in cui la mortalità causata dall’inquinamento è spaventosa. Per ridurne l’impatto il ministro Di Maio ha appena presentato proprio a Taranto un enorme sostegno pubblico, con quasi seicento milioni, per la riqualificazione dell’area, alla quale la nuova proprietà sta lavorando realizzando una gigantesca copertura, per evitare la diffusione di polveri nocive. Un’opera che da sola ha un costo di oltre 1,15 miliardi. Lavori che il Decreto Crescita prevede siano fatti senza più ombrelli legali, d’altra parte inutili se si rispettano le regole.