di Nicoletta Appignani
Prima il progetto di vigilanza dinamica, poi il pagamento degli alloggi. Troppo, per la polizia penitenziaria, più che mai decisa a scendere in piazza il prossimo settembre per chiedere le dimissioni del capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Tamburino, e del suo vice, Luigi Pagano. “Se la richiesta del canone per gli alloggi di servizio non verrà ritirata – spiega il segretario generale del Sindacato, Donato Capece – chiederemo al ministro Cancellieri le loro dimissioni”.
La nuova vigilanza
Un momento storico delicato, questo, per la Polizia di Stato. Le indennità relative agli avanzamenti di qualifica e agli assegni di funzione sono bloccate, le risorse economiche come quelle riguardanti i rimborsi degli asili nido sono diminuite. E all’orizzonte ancora non si intravede una via d’uscita. In più adesso sulle tasche dei dipendenti del Ministero della Giustizia, grava anche l’affitto dei locali dentro le carceri.
Ma la battaglia degli agenti della polizia penitenziaria contro le decisioni del Dap non è focalizzata soltanto sull’introduzione del canone. Infatti, nel mirino del Sappe è finita anche la “vigilanza dinamica”, un progetto per il quale alcune categorie di detenuti, a partire da quelli con pene inferiori a 18 mesi, dovrebbero trascorrere meno tempo in cella, dedicandosi ad attività formative, lavoro e sport dentro l’istituto. In questo modo, secondo il progetto, la cella diventerebbe solo luogo di pernottamento, nel quale i detenuti sarebbero più controllati. Senza contare che con la vigilanza dinamica si introdurrebbero postazioni di video sorveglianza da cui controllare più sezioni contemporaneamente. Ma molti poliziotti non sono d’accordo. “Il progetto mira a togliere i poliziotti – conclude Capece – A malapena riusciamo a salvare le vite dei detenuti. Con la sorveglianza dinamica invece i tentativi di suicidio crescerebbero esponenzialmente”. Soltanto l’anno scorso, riferisce il sindacato, gli agenti della polizia penitenziaria hanno salvato la vita a 1708 detenuti. Situazioni che se non tenute sotto stretta sorveglianza potrebbero diventare esplosive. Senza contare che secondo gli agenti il progetto sarebbe potenzialmente applicabile ad appena il dieci per cento degli istituti, con il rischio che il restante 90% delle carceri restino abbandonate a se stesse. E questo in un momento in cui sempre più spesso la polizia penitenziaria si trova a dover fronteggiare le rivolte dei carcerati, stanchi del sovraffollamento e di tutti i problemi che ne derivano.
All’orizzonte
Una battaglia aperta quindi, che è peggiorata dopo la circolare firmata lo scorso 18 giugno da Alfonso Sabella, il direttore generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi del Dap. Un documento dove vengono definiti i “criteri di determinazione dei canoni di utilizzo delle unità abitative ad uso temporaneo e degli alloggi collettivi di servizio”. Da qui il malcontento che coinvolge tutti i sindacati, compreso quello dell’Ugl. Si legge per esempio della caserma di Catanzaro, dove secondo il sindacato “risulta quanto mai discutibile e fuori luogo che si pretenda il pagamento di un affitto per una caserma assolutamente non rispondente ai canoni dell’igiene, della salubrità e delle dotazioni di arredo e suppellettili”. Secondo i calcoli, il costo del pernottamento per ogni agente si aggirerà tra i 7 e i 10 euro a notte. Una spesa che Giovanni Tamburino ha motivato parlando di un “provvedimento della spending review”. Altra benzina sul fuoco. Gli agenti infatti si chiedono perché siano soltanto loro a dover pagare, e per di più per un pernottamento in carcere, che spesso non dipende da loro. Abbiamo provato a contattare il Dap per chiedere chiarimenti, ma nessuno ha saputo fornirci indicazioni. Nel frattempo, la protesta prosegue e rischia di esplodere il prossimo settembre.