di Andrea Koveos
Balle spaziali, stanate. Il Centro italiano di Ricerche Aerospaziali (CIRA) che dovrebbe rappresentare un’eccellenza di ricerca e sviluppo appare più come uno stanco ventilatore che fa sì aria ma che gira, appunto, a vuoto. L’ultima relazione della Corte dei Conti è spietata e fa emergere alcune gravi criticità. A partire dall’attività dell’ente che in questi anni ha prodotto “molti studi di fattibilità per nuovi impianti nella maggior parte dei quali non si dà alcun seguito proprio per la carenza di interesse”. C’è di più: i giudici contabili evidenziano l’impossibilità di poter valutare la “congruenza delle attività del Cira alle finalità” che lo Stato le ha assegnato. Quello stesso Stato che ha assunto a proprio carico l’intero onere sostenuto dal Cira per la progettazione e realizzazione delle opere. A quanto ammonta “l’onere”?
Un miliardo di euro che i cittadini hanno investito fino ad oggi per realizzare il cosiddetto “Prora” (Programma nazionale di Ricerche Aerospaziali). Un mucchio di soldi che se impiegati bene potrebbero fruttare conoscenze vitali. Ma così non è. Infatti, nonostante nell’ultimo bilancio disponibile, quello del 2011, l’utile è stato di oltre 9 milioni di euro, scorrendo con attenzione le cifre qualcosa salta agli occhi. Primo fra tutti la somma incassata per i diritti di brevetto che ammonta ad appena a 243mila euro (l’anno precedente era pari a zero). Ancora; dando un’occhiata ai costi di gestione non ci si può non soffermare sugli elevati valori del costo del personale che, compresi i servizi corrispondono a oltre 32 milioni di euro. Senza considerare, come osserva ancora la Corte, le uscite relative a consulenze esterne superflue. Un capitolo a parte meriterebbero i criteri di scelta del personale.
Anche qui basta rimandare alla relazione che sottolinea come manchino “i requisiti di professionalità ed esperienza per i componenti delle commissioni esaminatrici istituite ai fini delle selezioni per le assunzioni di personale, utile a soddisfare le esigenze di trasparenza del metodo di selezione”. Ma l’aspetto più critico che emerge dal rapporto consiste nell’ eccesso di liquidità: 58 milioni di euro composto per 39 milioni di euro da titoli di Stato e da una polizza e per 19 milioni di euro da depositi bancari. Non si capisce come mai, quindi, ci siano milioni di euro fermi in una banca mentre lo Stato ha erogato quei finanziamenti per finalità diverse, cioè per la ricerca e lo sviluppo. Vale la pena ricordare che “la gestione del patrimonio mobiliare e finanziario del Cira è affidata da circa 10 anni, previo l’espletamento di gara pubblica, all’Istituto di credito Monte dei Paschi di Siena” .
Eppure a detta dell’ente, il cui presidente è quell’Enrico Saggese che è anche presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, il Cira mantiene all’avanguardia il nostro Paese negli ambiti dell’Aeronautica e dello Spazio. Lo si legge sul sito istituzionale che in quanto a comunicazione non risparmia autocelebrazioni. Eppure su questa società consortile per azioni a maggioranza pubblica partecipata per il 47% dall’Asi (Agenzia Spaziale Italiana) e per il 5% dal Consiglio Nazionale Ricerraggiunge l’equlibrio finanziario solo grazie a un contributo statale annuo di quasi 25 milioni di euro. La parte restante delle azioni è posseduta per il 32% dalle principali industrie aerospaziali italiane e per il 16% dal Consorzio Area Sviluppo Industriale di Caserta. Se dunque lo spazio è anche una risorsa che può fornire le conoscenze per affrontare meglio le questioni terrestri, leggendo la relazione della Corte dei conti su Cira occorre una buona d’ose di ottimismo per non cadere in depressione.